Io oggi ho passato la giornata pulendo e ripulendo con acido citrico insieme al mio amico Sergio le botti dove fra qualche giorno precipiteremo il mosto ottenuto pigiando e diraspando qualche quintale di meravigliosa uva Solaris. Una giornata lieta ed utile. Poi la sera sono arrivate le proiezioni. Con Salvini che diceva che era andata bene perché aveva vinto a Grosseto e a Novara e la Meloni che si chiedeva come mai a sinistra fossero così contenti visto che oggi sembra 5 a 1 ma fra quindici giorni potrebbe essere 3 a 3. Poi ho visto Enrico Letta e l’ho visto sereno, non so se mi sono spiegato. Vado a letto tranquillo. Molti non sono andati a votare e, secondo la Meloni, questo è un segno che è in crisi la democrazia. E’ bello sentirlo dire da lei proprio nei giorni in cui è alle prese (e mi dispiace sinceramente perché a me Giorgia è simpatica) è alle prese – dicevo – con baroni neri, fondi neri, militanti neri, saluti neri ed altre cosacce.
Oggi ho trovato nella trappola sistemata nel laboratorio un topolino. Era un topolino veramente piccolo e grazioso. Ho preso trappola e topolino e li ho caricati in macchina. Ho fatto una decina di km, mi sono addentrato nel bosco ed ho raggiunto una grande catasta di tronchi reduci dagli schianti del Vaia. Ho chiamato questa catasta “Grand Hotel Vaia”. Il topolino, quando ho aperto la trappola, senza indugio si è inoltrato nei meandri della catasta ed ha raggiunto i suoi tre parenti che avevo già portato la settimana scorsa. Sono molto orgoglioso di questa mia decisione di trasformare la catasta nel Gran Hotel Vaia. E spero che i miei topolini abbiano un buon ricordo di me.
Al momento è una delle più grandi giornaliste italiane. Io l’adoro. Forse perché è vecchia come me ed è saggia come io vorrei essere. Leggete questa intervista che ha dato a Martina Piumatti del Giornale.
Insultata dalle neofemministe da social perché ha osato bacchettarle. Vista con sospetto dai nuovi maître à penser dall’ideologia formato hashtag. Lei, Natalia Aspesi, 92 anni e femminista da cinquanta, non si tira certo indietro. La giornalista de La Repubblica contrattacca con stile, impartendo una lezione di politicamente scorretto che infilza le ipocrisie diffuse su tutte le questioni che scottano. Fedez? “Un episodio privo di valore per gli omosessuali”. Ddl Zan? “Preferisco leggere l’Ulisse di Joyce”. Biancaneve e il consenso al principe? “Ma basta. Faccia la puttana e si diverta”. A ilGiornale.it tutte le stoccate di una femminista vera.
A giudicare dalle critiche al suo pezzo, il femminismo sembrerebbe morto inseguendo i like?
“Non guardo i like, sono qualcosa di irrilevante e non mi interessa cosa pensano sul web. Queste sedicenti neofemministe, non è che mi hanno criticata, hanno proprio chiesto la mia testa. Siccome sono molto anziana e ho vissuto una vita di cui sono abbastanza soddisfatta, vedo tutto da molto lontano e la critica mi fa sorridere, perché poi sono anche molto presuntuosa. Io penso sempre di esser meglio, capisce? Per cui le critiche le leggo volentieri e non ne tengo conto”.
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da Massimo Puleo
Sono convinto che mai il “benaltrismo”, nella Storia dell’Umanità, abbia raggiunto i parossismi osservati nella vicenda della (non) costruzione del ponte sullo Stretto di Messina. Un’opera realizzabile; green, per la sua smisurata valenza ferroviaria; di cui esiste un “Progetto definitivo” che diede luogo ad una gara d’appalto aggiudicata ad un consorzio internazionale capeggiato dalla italiana Impregilo (oggi Webuild). Poi arrivò l’austerity del 2011/2012 del governo Monti, che spazzò via l’opera con una legge (inedita nella storia delle leggi) che espone ancor oggi lo Stato a penali da capogiro. Però i fondi appostati sul ponte non furono reinvestiti in un “ben altro” siciliano o calabrese, ma in quel di Lombardia/Liguria (Terzo Valico dei Giovi). In questi mesi, lo stesso progetto torna alla ribalta per il suo inserimento nel Recovery Plan italiano. Credo che nessuno Stato al mondo si lascerebbe scappare l’occasione di veder finanziato un progetto di tale portata, che ha tutte le carte in regola per rientrare tra quelli finanziabili.
LOL vuol dire “ridere a crepapelle”, “morire dal ridere”, o più semplicemente “tante risate”. Se volessimo perdere tempo e dirla tutta, Lol significa forse “laughing out loud”, o magari “lots of laughs”. Dico forse perché nessuno lo sa veramente. E’ linguaggio internet e perde ogni riferimento con le sue origini. Tanto che ormai qualcuno lo usa per “lots of love” o meglio ancora per “lots of luck”. Di sicuro c’è che quando mandate un messaggino con una battuta spiritosa ad un amico, se l’amico vi risponde “lol”, vuol dire che la battuta gli è piaciuta molto. Ma anche no. Perché internet è fatta così. Esagera qualsiasi cosa. E’ normale ormai seminare l’etere di falsi like e di dichiarazioni di malposta amicizia. Tutto oltre misura. “Ho cinquemila amici”. Ammazza oh. E dove li metti il giorno del tuo compleanno? Scrivere “lol” non costa nulla anche se non è vero. In realtà anche scrivere “lots of laughs” costerebbe poco. E di tempo ne abbiamo. Che senso ha risparmiare nove caratteri? Ma scrivere “lol” fa più fico, fa appartenenza, comunità. Per i patiti di instagram, di twitter, di telegram la comunità è tutto.
Fine del pippone, che mi serviva solo
ROSARIOFIORELLO
QUALCUNO HA UN PO’ DI CONCIME?
LOREDANABERTÉ
PIT STOP: CAMBIO GOMME
MAXGAZZÈ
COLPA DEL COVID: BARBIERI CHIUSI
ACHILLELAURO
SONO USCITO DI CASA CON LA PRIMA COSA CHE HO TROVATO NELL’ARMADIO
da Muin Masri