“Io godo di ottima salute”, dichiara Giorgio Forattini, ex grande della satira italiana per dimostrare che la satira italiana – appunto – non è in crisi. E che Giorgio Forattini stia benissimo non può che riempirci di gioia.
La satira italiana è un fenomeno carsico, ogni tanto scompare e all’improvviso ricompare impetuosa. Ma anche le polemiche sullo stato di salute della satira italiana sono un fenomeno carsico. Quando meno te lo aspetti esplodono e dilagano sui giornali. Poi non se ne parla più per mesi. Poi eccole di nuovo. La satira deve essere per forza di sinistra? E adesso che la sinistra è al governo, si può fare ancora satira? Perché non esiste la satira di destra? La satira deve colpire tutti oppure solo il potere?
Leggi tutto »
Uno, Vittorio Feltri, se ne va in pensione che è ancora un giovanottone di belle speranze, un elegante signore di successo, ricco, intelligente, sempre pronto, per fortuna, a slanci di indignazione moralistica come per esempio quando attacca lo stato sociale e tutti quelli che se ne vanno in pensione con troppi soldi o troppo presto. Lui se ne va in pensione a 53 anni con molti soldi e molto presto e speriamo che quanto prima possiamo leggere un suo editoriale contro se stesso che approfitta di leggi sbagliate per portare a casa tanti bei soldoni. Si difende, è suo diritto, spiegando che per 38 anni ha pagato contributi e adesso vuole monetizzare. E chi glielo vieta? Visto che – fatti i conti – ha cominciato a lavorare a 15 anni, aveva solo due alternative: o denunciare il suo datore di lavoro per sfruttamento del lavoro minorile oppure concedersi il meritato riposto.
La disavventura di Gigi Sabani, presunto porcone che avrebbe usato la sua fama e il suo potere invece che il suo fascino per attirare nel suo letto procaci minorenni ha fatto passare in secondo piano una notizia ben più succulenta se il fatto risulterà vero. Giancarlo Parretti, il sedicente finanziere umbro che tentò con grande abilità e spregiudicatezza la scalata da cameriere a proprietario dell’Mgm, sarebbe stato capace di ben altro.
NON E’ CAMBIATO NIENTE. TANTO VALE RIPUBBLICARE LE COSE VECCHIE. Extracomunitari, profughi, immigrati clandestini, la società multirazziale. Parliamone. Quando qualcuno mi dice che non esiste più alcuna differenza fra destra e sinistra, che soprattutto non esiste un sistema, come in passato, per distinguere progressisti da conservatori, io chiedo di porre come discriminante il concetto di solidarietà. Che serve – intendiamoci – per stabilire la differenza sostanziale fra destra e sinistra, non certo quella formale tra partiti di destra e partiti di sinistra. Leggiamo per esempio una delle roccaforti della stampa di sinistra, la “Repubblica”.
NON E’ CAMBIATO NIENTE. TANTO VALE RIPUBBLICARE LE COSE VECCHIE.
La vacca pazza. Telenovela. Riassunto delle puntate precedenti. Le mucche della regina Elisabetta da tempo si erano ammalate. Tutti lo sapevano ma nessuno osava parlarne. Sapete com’è. Non si parla mai delle malattie delle signorine. Tutti mangiavano allegramente le fiorentine di Oxford e la carne era andata alle stelle. Poi i giornali cominciarono a parlare dei disturbi mentali delle vacche d’oltre Manica. Panico. Guai a mangiare il filetto. Oneste e sanissime mucchette aostane cominciarono a subire orrende discriminazioni. Polli, sempre polli, fortissimamente polli. E lattuga. E rapanelli. E pesci, palombo, sogliole, trote salmonate. La dieta mediterranea sconvolta. Macellai sul lastrico. Tutti a prendere le distanze dalla vacca pazza. Come se tutti i buoi fossero saggi e sereni. L’antifemminismo sempre in agguato. Come mai quando una donna è un po’ leggera si dice che è una vacca? Ma avete mai visto una vacca di facili costumi? L’avete vista accoppiarsi selvaggiamente con qualsivoglia toro? L’avete vista copulare per vergognoso tornaconto economico? La vacca è morigeratissima, brava mamma ed ottima compagna di vita. Nonostante conduca una vita piuttosto intensa, col doppio lavoro, curare i vitellini e produrre latte, non è più malata del bue, del toro, del vitello e del vitellone. Mentre il toro, si sa, pensa solo a una cosa. Ma quando si fa la pubblicità, ecco il becero maschilismo. Sulla Stampa, inserzione a pagamento: “Il vitello italiano è sano. Non proviene dall’Inghilterra”. Bella scoperta: se il vitello italiano provenisse dall’Inghilterra, sarebbe un vitello inglese. Oppure un vitello italiano ricco, di quelli che vanno spesso a Londra a fare una total immersion o a vedere per la decima volta Gesù Cristo Superstar. E poi: il vitello è sano, la pazza è la vacca. Si sa, le femmine sono isteriche. Alla vacca britannica, Premio Speciale “E’ tutto un complotto: ma il tempo è galantuomo e la verità sarà ristabilita”.
NON E’ CAMBIATO NIENTE. TANTO VALE RIPUBBLICARE LE COSE VECCHIE
Fabio Salamone, il giudice che voleva rinviare a giudizio Antonio Di Pietro, l’eroe nazional-popolare, ha rilasciato la scorsa settimana una fondamentale dichiarazione. Luigi Corvi, giornalista del Corriere della Sera, il giorno della sconfitta di Salamone, gli chiede: “La giustizia èuguale per tutti?” La domanda è originale e frizzante quanto un articolo di Alberoni. Ma sentite la risposta: “In questo momento preferisco non rispondere”. E quando vuole rispondere, mi scusi, Salamone? Il giorno dell’Apocalisse? Alle Calende Greche? Spero solo che l’ottimo Corvi si sia ricordato, da allora, di telefonare ogni giorno al sostituto procuratore di Brescia. “Disturbo dottor Salamone? La giustizia è uguale per tutti? E’ il momento adatto? Gradisce rispondere?” Tutte le mattine. Alle otto. Prima di colazione. A Fabio Salamone, Premio Speciale Glasnost “Non c’è mai risposta che non riesca ad essere più scema della domanda”.
Voi forse non vi siete accorti che è successo qualcosa di veramente importante mercoledì sera all’Olimpico. Distratti dal tifo e accecati dalla passione, vi è sfuggito il particolare che ha vinto “una squadra operaia”. Proprio così, operaia. A caldo, Walter Veltroni, vicepresidente del Consiglio, ha trovato la giusta metafora. Operaia, come la classe operaia, come l’ape operaia. Come quegli operai della Fiat che – lenti come sono – ci mettono un mese a guadagnare quello che gli operai della Juve riescono a guadagnare in un minuto. Michele Serra ha invitato i nuovi governanti ad andare il meno possibile in televisione e solo quando hanno qualche cosa da dire. Ma perché? La “squadra operaia” è una gaffe? E chi lo ha detto? Perfino l’Unità, quotidiano assolutamente indipendente dal pensiero veltronian-juventin-agnelliano, titola: “Hanno vinto gli operai bianconeri”.
Una nota e monopolistica multinazionale del tabacco ha comprato giorni or sono moltissime pagine dei più importanti quotidiani italiani per controbattere il luogo comune che il fumo indiretto (cioè quello che sono costretti ad aspirare i non fumatori) faccia male. Suo diritto, naturalmente. Qual è la tesi? Sostengono i più grandi produttori di sigarette del mondo che alcuni studi dimostrano che anche mangiare un biscotto, anche consumare olio di semi di colza, anche esagerare con la frutta o con vegetali, anche mangiare troppo pepe rappresentano un rischio per la salute, almeno dal punto di vista statistico. “Il rischio di cancro al polmone da fumo indiretto si colloca ad un livello molto inferiore del rischio rappresentato da molte attività e oggetti di uso quotidiano”, dice la pagina pubblicitaria. E allora perch‚ non esiste nessuna grande campagna per convincere la gente a rinunciare a mangiare un biscotto al giorno?
Sono talmente d’accordo con la nuova legge sulla privacy che ho deciso, almeno per questa volta (ma se le cose vanno bene e voi mi conforterete con la vostra approvazione, anche tutte le prossime volte) di non fare più nomi. Naturalmente non farò nomi quando dovrò parlare male di qualcuno. Ma non farò nemmeno i nomi di coloro dei quali vorrei parlare bene. Non parlerò delle malattie di nessuno ma non dirò nemmeno che stanno molto bene e godono di ottima salute. Troppo comodo per i vip eliminare gli aspetti negativi, le critiche, la possibilità di parlare dei loro difetti. Cancelliamo tutto, vizi e virtù. Tutto bene quando i giornali li fanno diventare famosi, tutto male quando li disturbano nei loro dorati rifugi miliardari. Datemi retta, non li nominiamo più, aspettiamo che vengano loro a piatire dieci righe di spazio, una fotina in trentesima pagina. E quando verranno, spieghiamo loro che lo facciamo per il loro bene, che il diritto alla privacy è inalienabile, che se ne stiano tranquillli e pacifici nel loro anonimato e che un giorno ci ringrazieranno. Cominciamo subito. Vorrei parlare di un giudice famosissimo, anzi di un ex giudice famosissimo che si crede padrone d’Italia. Posso criticarlo senza fare il suo nome?
Davide è stato ritrovato morto. Il giornalista di “Studio Aperto” arriva del padre. A nome di tutti noi italiani e del nostro sadico gusto del macabro che ci spinge a non volerci fare i fatti nostri nemmeno in occasioni del genere, gli chiede: “Ha idea di come possano essere andate le cose?”