Francesca Caminoli
Caro anziano, ho letto oggi il tuo pezzullo su tsunami, uragani, tragedie etc e mi è venuta in mente una cosa che avevo scritto ne La guerra di Boubacar e che ti mando
…Il nonno è morto l’anno scorso. Lui non parlava di gran di sentimenti. Li viveva in silenzio, un po’ appartato. Ma io capivo che cosa si agitava nel suo cuore. Fin da bambina ho sempre avuto la sensazione che chi ha vissuto vere tragedie, come il nonno, poi non pratica il melodramma, come fanno molti oggi. Il nonno mi ha insegnato che la guerra è una tragedia, che lo sono la fame, la miseria, l’ingiustizia, la morte di un bambino o di un giovane, la disoccupazione. Poche cose sono una tragedia. C’è una parte del mondo, la parte più grande del mondo, che vive la tragedia ogni giorno. Noi siamo la commedia. Perché un amore non è una tragedia: anche se finisce, c’è stato. Un amore è un amore, una gamba rotta è una gamba rotta, un mal di testa è un mal di testa, una ruga è una ruga, persino un tumore è un tumore se hai vissuto abbastanza. Sono solo cose della vita e bisogna dare alle cose il loro giusto nome…
Qui sta semplicemente piovigginando
RIFLESSIONI SU UNA GIORNATA DI TEMPO CATTIVO. SI PARTE DALLA PIOGGIA E SI ARRIVA A TIMOR EST
Giornataccia. Pioggia, vento, nuvole. Però per fortuna nessuno dei media ha titolato: tornado, uragano, tifone. Perché ormai è così: piove? Bomba d’acqua. Neve? Tomenta. Caldo? Clima torrido. Afa, calura. Mare mosso? Tempesta, tsunami. Fiume fuori dagli argini? Inondazione. Siamo nel secolo dell’esagerazione. Una volta le stagioni facevano il loro sacrosanto dovere. D’estate faceva caldo, l’inverno faceva freddo e nessuno si lamentava più di tanto. Il meteo lo si faceva in ascensore quando non si sapeva di cosa parlare in quei secondi di vicinanza coatta. Eh signora mia non ci sono più le mezze stagioni: era il massimo della lamentazione. Oggi tutti sanno non solo i nomi degli uragani ma anche quello delle perturbazioni semplici. Eppure subiscono il fascino delle esasperazioni. Si dilata, si amplifica. Anche per protagonismo. Siamo tutti zuppi d’acqua? Per forza, siamo in pieno diluvio. Le cose normali non ci piacciono. Subiamo la pressione dei giornali che amano ingigantire tutto usando con grande disinvoltura le parole. Muore un torinese in Tunisia? “Torino sotto shock”. Non è vero. Una città non è mai sotto shock. A meno che la tv non dica che è sotto shock. Quando dirigevo Pm, un mensile bellissimo edito da Mondadori, Omar Calabrese scrisse per noi un bellissimo saggio in cui analizzava le reazioni alle tragedie (era appena caduto il jumbo sudcoreano). Omar riuscì perfino ad “inventarsi” un’equazione per stabilire un rapporto fra i vari elementi interessati alla disgrazia, numero delle vittime, età, distanza, parentela, nazionalità, ricchezza. Ti commuove di più la morte per malattia di un bambino che abita nell’appartamento accanto al tuo oppure la morte improvvisa di 300 sconosciuti dall’altra parte del mondo in una tragedia aerea? Ti turba di più la morte di povero o quella di un ricco? La risposta non è così scontata. Ed esistono molti stadi intermedi tanto che si possono stabilire rapporti piuttosto cinici. Quanti giapponesi lontani per un bambino vicino? In quei tempi, ai tempi del jumbo coreano, imperversava a Timor Est, microregione dalle parti dell’Indonesia, una guerra che faceva centinaia di vittime, bambini trucidati, donne stuprate, foreste distrutte dal napalm. Non gliene fregava niente a nessuno. I giornali non ne parlavano. Durò quasi trenta anni. Non si sapeva nemmeno come chiamarle le vittime di Timor Est. Timorestesi?
calabrese, timor est, tunisia
AL POLITICO NON SI ADDICE UNA CHIOMA ESAGERATA
A casa di mia madre il vento di un mese fa ha sradicato un paio di pini marittimi altissimi che avevano circa sessant’anni. Li ha abbattuti. La zolla di terra penetrata dalle radici superficiali si è sollevata e l’albero, sotto la spinta di un vento straordinario che si è abbattuta su una chioma lasciata crescere eccessivamente, è crollato. Adesso abbiamo un sacco di legna per la caldaia. Ma anche la preoccupazione che ne crollino altri. Così abbiamo preso il coraggio a due mani e abbiamo potato quasi a zero tutti gli altri pini ai quali è rimasto un buffo ciuffetto in cima che li rende veramente ridicoli. Quello che era un sontuoso viale di ingresso è adesso una via di accesso piuttosto comica. Spero che col tempo riacquisti una sua dignità. Per terra sono rimasti i resti della nostra carneficina, legna e fronde che riusciremo a smaltire in settimane e settimane. Per transitare con l’automobile dobbiamo fare lo slalom e la grande buca dove bruciamo le sterpaglie è in continua funzione. Questo succede se non si ha la dovuta attenzione e si trascurano le piante. La natura non è scema. Siamo scemi noi che la sfidiamo in continuazione. E a me viene in mente che anche molti uomini, molti politici, hanno una chioma che lasciano crescere oltre ogni ragionevolezza. E prima o poi un vento impetuoso li abbatterà. E li lascerà lì da soli, molto ridicoli.
OGGI, SPONTANEAMENTE, SI E’ DIMESSO LUPI
Ci ha messo un po’ a convincersi ma alla fine ce l’ha fatta. E adesso Maurizio Lupi mi fa un po’ pena. Perché in fondo, non sapendo ancora nulla di quello che ha combinato, finora paga colpe del figlio. E’ vero che non gli ha chiesto di restituire il Rolex d’oro, ma il figlio poteva pensarci da solo. E’ vero che sarebbe stato lui a raccomandarlo, ma il figlio poteva rifiutare il lavoro ottenuto in questa maniera. Comunque: le colpe dei figli ricadono sui padri. Dove non mi fa troppa pena è sul suo linguaggio. Non se ne può più di questi cattoliconi che predicano bene e razzolano male. Ricordate tutti quei cattolici che erano contrari al divorzio ma divorziavano, combattevano l’aborto ma abortivano, predicavano i precetti e gli insegnamenti di Cristo ma rubavano. E tutti quei cattolici che non vanno a messa, che trasformano cresime e battesimi e comunioni in feste mondane, che non hanno mai aperto una Bibbia? Cattolici da strapazzo che dei dieci comandamenti se ne fregano. E che usano un linguaggio da scaricatori di porto, come Lupi. Cazzo, rompere i coglioni, pompini, vai a cagare. Direte: ma che fai, il puro? Sì, faccio il puro. Se i cattolici rompono le scatole cercando di imporre a tutti gli italiani le loro convinzioni religiose, i loro crocifissi, la loro avversione per l’adozione gay, e tutte le loro pippe sulla famiglia che è composta da una madre e da un padre, che almeno parlino da persone timorate di Dio. Cazzo.
cattolico, Comunione e Liberazione, Lupi
CINCIALLEGRE E FRINGUELLI CON UNA ZAMPA SOLA
Oggi è una giornata così così. A Masetti, di fronte a casa, le cinciallegre continuano il loro andirivieni per beccare i semi di girasole che gli mettiamo sulla terrazza. Vengono anche dei fringuelli. Uno ha una zampetta sola. Billie, la pastora australiana, li guarda dal vetro e vorrebbe mangiarseli tutti. C’è in giro ancora un po’ di neve. Ieri in trasmissione c’è stato monsignor Bettazzi. Ci ha detto che papa Francesco si dimetterà fra cinque anni. Domani sarà San Giuseppe, sarebbe stato l’onomastico di mio padre.
Bettazzi, Billie, Francesco
SCHIAFFI E CAREZZE: MI SONO MONTATO LA TESTA
Fa impressione sentire i tg che titolano “Sabelli attacca il governo”, oppure ancora peggio: “Renzi attacca Sabelli”. Eppure accade ed io ogni volta ho un sussulto. Ancora non mi sono abituato a pensare che non sono l’unico Sabelli esistente. E che il presidente dell’associazione nazionale magistrati è un milione di volte più importante e conosciuto di me. Direte che sono un megalomane. E avete ragione. Voi sapete che Giorgio Lauro mi chiama “l’anziano”. E l’altro giorno papa Francesco all’Angelus ha detto che “bisogna aiutare l’anziano”. Anche lì, sussulto. Ma in fondo che cosa gli costa? Basterebbe che quando nominano Sabelli dicessero: “Non quello di “Un giorno da pecora” naturalmente”. Ed io starei più tranquillo.
Lauro, Renzi, Sabelli, Un giorno da pecora
Arisa alla conferenza stampa dice che è uno dei suoi giorni e poi, agli scandalizzati, spiega che è una cosa naturale. Come fare la cacca, dice. Barbara Berlusconi ha fatto la valletta per cinque giorni mascherata da Emma. Dice bene la Lucarelli: si è riso di più al funerale di Mandela che al monologo di Pintus. Pintus è il comico preferito da Mattarella. Concita Wurst, consentitemi di essere politicamente scorretto, è esteticamente inguardabile. Tradotto: fa cagare. Il papà dei sedici figli dice che è tutto merito di Dio e che alla famiglia ci pensa la Provvidenza. Sbaglia, è la Previdenza. Comunque un consiglio. Smetta di invitare a cena lo Spirito Santo. Lara Fabian grande voce. Ma perché canta: sto mala, ma dirlo cosa vala? Dieci e lode a Malika, la meglio e la più simpatica con la sua macchinetta per i denti, a Coruzzi e Grazia De Michele che mi hanno perfino commosso (ho la commozione facile) a Bianca Atzei quando canta Ciao amore ciao come avrebbe voluto che la cantasse Luigi Tenco. A Virginia Raffaele dieci e lode lode. Zero spaccato a me che ho creduto che Ornella Vanoni fosse proprio Ornella Vanoni e mi sono detto: ammazza che simpatica ed autoironica che è diventata Ornella Vanoni. Carlo Conti, Luca e Paolo ci fanno ripiombare nell’Italia provinciale e prebellica. Fanno gli scongiuri toccandosi i coglioni. Pensando di far ridere. A me ha fatto ridere Rocco Tanica quando, parlando di Concita Wurst, ha detto: “Mi è piaciuto quel barbetta”. Avete visto viperetta, il presidente della Sampdoria? Ci siete cascati anche voi: era Virginia Raffaele. Conti alla fine era contento, ha fatto quasi il 50 per cento. Più di Matteo Renzi.
“Dal nostro inviato speciale Pinco Pallino. Il viaggio è stato pagato dalla casa farmaceutica Tal dei Tali”. E’ quello che ha proposto Enrico Mentana quando ha scoperto che molti giornalisti scientifici stavano partendo per il congresso mondiale sull’Aids col viaggio pagato dalle case farmaceutiche. Mica male come idea. Pensate che cosa potrebbe succedere se si diffondesse questo sistema. Sotto la firma di ogni inviato, la scritta, una vera e propria sponsorizzazione, “Il viaggio di Enzo Biagi è stato pagato da Grappeggia Arredatutto”, oppure “Ringraziamo Salvavita Beghelli che ha pagato l’albergo del dottor Bocca”.
Leggi tutto »
“Signor giudice, se può dire a questo signore che adopera l’educazione!”. Giovanni Brusca, il mafioso che strangolò e dissolse nell’acido un bambino, era proprio seccato con il mafioso pentito Santino Di Matteo, padre del bambino, che lo insultava in un’aula del tribunale. Tutte le volte che il giudice nominava Brusca, Di Matteo aggiungeva: “Chi? Giovanni l’animale?” E Giovanni, lo strangolatore di bambini, si è adontato. Sapete come sono i mafiosi: si seccano a sentirsi dare della bestia.
Xavier Echevarria, capo dell’Opus Dei, a Catania, dice che, siccome risulta che il 90 per cento dei genitori di figli handicappati ha avuto rapporti prematrimoniali, i rapporti prematrimoniali sono la causa dell’handicap dei figli. La dichiarazione di Echevarria è del tutto priva di fondamento scientifico sia dal punto di vista biologico che, soprattutto, da quello statistico. E per fortuna, bombardati come siamo da milioni di informazioni, anche questa terrorizzante sentenza è subito passata nel dimenticatoio, sommersa dai sassi dei cavalcavia, dai profughi albanesi e dagli imbrogli dei quizzaroli.