Ho cominciato stamattina negli studi della 7. Da Pancani, Coffee Break. Nell’attesa un piccolo brioscino e un caffé orrendo. Poi nello studio di Newsroom, RaiNews24, Saxa Rubra, niente cibo. E per finire vi scrivo ora dagli studi della Tiburtina attendendo la registrazione di Di Martedi, Giovanni Floris, acqua minerale gassata, paninazzi mica male, dolcetti, frutta, il buffet migliore di tutti i talk show da me frequentati. Stamattina abbiamo parlato di Pd, naturalmente, della confusione che regna nella sinistra italiana.
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Barbara Palombelli non solo non è indignata (da donna) per la «Patata Bollente» di Libero, ma anzi è un titolo che festeggia. «Il giornalismo deve essere così», sostiene la giornalista, firma spiazzante della carta stampata, della radio e oggi della tv, moglie di Francesco Rutelli e conduttrice di Forum, «deve dare un cazzotto al lettore, stupire, far litigare, insomma fare tutto tranne che essere conformista».
Davvero il titolo legato alla vicenda di Virginia Raggi non l’ ha scandalizzata?
«No. Penso che sia stato una sorta di test sul politicamente corretto. Sappiamo tutti che alcune donne vengono difese e altre no. Quando lo stesso titolo era stato fatto per la storia di Ruby e Berlusconi tutti zitti: si sa, l’ indignazione italiana va a seconda del momento. Ci sono persone come Vittorio Feltri, sui cui puoi essere d’ accordo o meno, che non si uniscono al coro. Una volta esistevano i giornali ed esistevano i notiziari. Oggi si è tutto appiattito, è un copia e incolla generale. Benvengano i polemisti».
Ebbene sì, ci ho beccato. Cinque su cinque e i primi tre in fila. Mi aiuta il fatto di avere fatto l’inviato a Sanremo per molti anni. Comunque sono contento per Gabbani, e anche per Fiorella, e anche per Michele Bravi. Tutti dovrebbero essere contenti di aver primeggiato in una edizione del festival che per una volta tanto ha premiato le canzoni più belle e i cantanti più bravi. E adesso basta parlar male di Sanremo. Non facciamo i D’angelo, i Ron, gli Albano. Non facciamoci riconoscere. Tutto il resto faceva schifo? Vabbé e allora? Un italiano su due ha fatto notte come noi. Siamo in bella compagnia.
Quelli eran giorni sì, erano giorni e tu al mondo no, non chiedere di più e ripensandoci mi viene un nodo qui e se io canto questo non vuol dir.
(DALIDA)
Tanto tempo fa, diciamo una decina di anni fa, questo blog godeva di grande salute. C’era molta genete che scriveva ed io gli dedicavo molto tempo. Poi sono arrivati i social, che dio li stramaledica, e il blog è di fatto morto. Ogni tanto lo faccio risorgere ma mi muore di nuovo. Ogni tanto vado a leggere l’archivio e mi diverto molto. Leggete per esempio questa divertende polemica fra me e Peter Freeman con intervento di Alessandro Robecchi.
NOMINATIONS da Peter Freeman 04.02.04
Caro Csf, Paola Altrui ha messo il dito nella piaga: sei stato nominato. Io non ti ho nominato perche’, sotto sotto, sospettavo l’orribile inciucio. Ora che fai? Ti infili nel confessionale: ti tocca. E, aggiungo, devi sparare a zero sui concorrenti: e’ la primaria, bellezza. Lo so, hai fatto votare tutta la famiglia, un po’ di grafici di Sette, qualche voltagabbana, le ex fidanzate, i nipotini e financo i frequentatori del bar sport del tuo paesino, lassu’ tra i bricchi del Trentino. Una truffa, di questo si tratta. Pero’ ora sei in ballo. E devi sciorinarci il tuo programmino di governo, fare il gioco della torre (Melandri o Turco? Scalfari o Mieli? Milan o Inter? Robecchi o Freeman? Bagna caoda o casseula? Habermas o Heidegger?). Insomma, devi indicare la strada, scoprirti, sputtanarti. Di certo non puoi gettare la spugna. Non prima del supermartedi. Divertiti: io saro’ li’ a vigilare, pronto ad azzannarti.
Potrei sciorinare il programma del PaPoPo. Ma forse non andrei lontano. Robecchi o Freeman non è difficile: Robecchi mi considera ancora il miglior direttore di Cuore, non potrei buttarlo e poi suo figlio si chiama Giovanni, come il mio. Hai presente l’adulazione? Ti sfido. Fammi dieci coppie da gioco della torre. Io mi impegno a rispondere (sulla sincerità non ci metto la mano sul fuoco). Ps: tu pensi che io possa batte Pancho Pardi?(csf)
ROBECCHI DICE CHE TU ERI UNA FETECCHIA da Peter Freeman 05.02.04
Caro Csf, a me Robecchi riferisce invece che il miglior direttore di Cuore era Michele Serra e che tu eri una fetecchia (hai presente l’adulazione?). Accetto la sfida, eccoti le coppie per il Gioco della Torre. 1. Kerry o Edwards? 2. Laurel o Hardy? 3. Confalonieri o Albertini? 4. Moratti jr o Fraizzoli? 5. Occhetto o Di Pietro? 6. Schifani o Bondi? 7. Annunziata o Palombelli? 8. Lanza o Guardi’? 9. Kidman o Beart? 10. Previti o Dell’Utri?
Caro Peter, Robecchi è uno stronzo.
E’ il trionfo delle scuse, Caterina Balivo insulta Diletta Leotta per il suo vestito troppo sexy per fare la moralista. Ma poi vede la reazione di tanta, troppa gente e chiede scusa. Ha esagerato. Asia Argento dà della cicciona a Giorgia Meloni poi vede che il suo intervento non ha suscitato l’entusiasmo delle folle e allora si scusa. Ha esagerato. (Nel frattempo Giorgia Meloni le ha dato indirettamente della drogata ma non chiede scusa. Superiorità della destra sulla sinistra). E’ il tempo delle scuse, reazione al tempo della velocità che fa pestare un sacco di cacche a chi usa con improvvida velocità gli strumenti forniti dai social, Va bene, d’accordo, le scuse sono una cosa bella. Ma non bisogna approfittarne. Se hai detto una cosa forte cerca di sostenerne la razionalità almeno per un paio di giorni. Perché altrimenti è troppo facile. “Stronzo!”. “Come ti permetti?” “Ah no, scusa. Ho esagerato”. Ah sì? Hai esagerato? E che cosa volevi dire, invece?
da Muin Masri
Fuori da questo mondo ci sta tutto, tutto e altro ancora, come in un bordello al di là delle trincee, un insulto tira l’altro: Trump, Assad, Putin, Erdogan, Duterte, Orban, Al-Sisi, Al-Baghdadi. Dentro i social network ci sta tutto, tutto e altro ancora, come in un manicomio senza muri, un’offesa tira l’altra ma non facciamo nomi per non dimenticare qualcuno.
Le due perle di Carlo Conti finora all’Ariston sono “fiore tra i fiori sul palco quest’anno c’è Maria De Filippi” e “Mica c’è Mika”. Per il resto tutto bene. Canzoni modeste (si dice tutti gli anni va bene ma mica è colpa mia), felicità per i grandi risultati di audience e di share (ma che cosa c’era sugli altri canali?), perfino Crozza sotto tono (non è facile, tutti i giorni… però quel Papa no, te prego…), grandi ospiti buttati via (non fosse per il grande Mika, anche se poteva risparmiarsi il colloquio con l’orchestra e le farfalle nella pancia), l’idea delle cover (tutti o quasi a scegliere canzoni praticamente sconosciute), la pubblicità invasiva e quasi più presente delle canzoni (con lo spot della Tim presentato come fosse una parte dello spettacolo). Dice, ma non ti va bene proprio niente?
Il Festival di Sanremo ha superato la soglia del 50 per cento. Ed è inutile nasconderlo. E’ stato merito della presenza di Maria De Filippi. Non solo perché è famosa, è seguita, è brava, ha milioni di fans. Ma soprattutto perché è normale. In una delle manifestazioni in cui maggiormente si cerca il target del “normal man” non c’è mai nulla di normale. I vestiti sono stravaganti, le parole sono inascoltabili (e inascoltate), i comportamenti sono insoliti. Non se ne accorge mai nessuno ma nulla di ciò che succede su quel palco dell’Ariston lo si può riscontrare fuori. Nessuno è abbronzato come Carlo Conti, nessuno parla come lui, nessuno assomiglia ai cantanti, nessuno dice frasi improbabili come “Sono emozionato”. Invece Maria De Filippi si è comportata normalmente, ha detto frasi normali, si è vestita molto elegantemente ma molto normalmente. Insomma ha vinto senza fare niente di eccezionale. Ma la domanda che non possiamo non porci è:
Eccoci qua, a parlare di Sanremo, come tutti. A parlare di Diletta Leotta. Ma si può trovare un peggior combinato disposto fra nome e cognome? Papà Leotta non poteva chiamarti Anna Maria? E con questo nome e cognome Diletta Leotta si è presentata a lamentarsi ancora del fatto che dei coglioni hanno diffuso in internet delle foto che lei aveva fatto privatamente e archiviato sul suo telefonino. Chiariamo subito: ha ragione lei a lamentarsi e a denunciare la cosa alla polizia postale. Magari avrebbe anche potuto leggere i giornali e scoprire che non è prudente mandare foto via cellulare o via computer di questi tempi. Si rischia che le foto vengano rubate. Una volta rubate c’è poco da lamentarsi. Le foto volano soprattutto se sono le foto di una gnoccolona dalle grandi, favolose curve. Le donne lo sanno da tempo che gli uomini vanno pazzi per le loro fattezze.