Che cosa vuol dire avere a disposizione (“ad uso esclusivo”) un’automobile, con benzina pagata, assicurazione pagata, manutenzione pagata e due autisti? Io, se me lo avessero chiesto, avrei risposto che l’auto doveva essere usata “esclusivamente” da colui al quale era stata concessa. Problema non da poco se si pensa che l’auto in uso esclusivo costa allo Stato, cioè a noi, 750 euro al giorno, secondo quanto ho letto sui giornali. Ma il giudice che è stato indagato dal suo collega Paolo Jelo per aver dato in uso la macchina alla moglie, per le compere, per i viaggi, per le vacanze, ha detto che riteneva che l’aggettivo esclusivo volesse dire che poteva farne l’uso che voleva. Problemi di lessico oltre che di etica. Ma vediamo chi era la moglie. Era, anzi è, un avvocato di sinistra, ex consigliera comunale di Milano (il marito invece è un ex avvocato di destra, diventato giudice costituzionale). Vabbè, vuoi vietare a una moglie di andare a fare la spesa con la benzina pagata dagli italiani? Ecco però magari sorprende un po’ scoprire che l’avvocato di sinistra moglie del giudice di destra ha discusso in un pubblico convegno, soltanto qualche mese fa, dell’abuso di potere nelle relazioni fra uomo e donna nei luoghi di lavoro. Meritevole che l’avvocato di sinistra si sia preoccupata dei diritti di genere delle donne ma sarebbe stato bello che si fosse preoccupata anche dei diritti degli uomini, in genere, di non vedere sperperati i soldi delle loro tasse.
Servizio pubblico
Ripeto: non voto Potere al popolo e non vi invito a votarlo. Ma mi sono autonominato servizio pubblico e quindi visto che nessuno vi informa (tranne la brava Serena Bortone ad Agorà) vi segnalo questo intervento di Francesca Fornario e vi giro la notizia che Moni Ovadia, Lidia Menapace, Heidi Giuliani, Paolo Pietrangeli e Citto Maselli hanno aderito a Potere al Popolo. E’ un lavoro duro quello del servizio pubblico ma qualcuno lo deve pur fare. https://www.facebook.com/francesca.fornario.3/videos/1849190912038743/
Carlo De Benedetti come Orietta Berti. Lui non canta “Finché la barca va” ma dice chiaramente che voterà Renzi e il Partito Democratico. E adesso la domanda sorge spontanea. Quelli del Pd protesteranno come hanno protestato quando Orietta Berti ha detto che avrebbe votato Di Maio? L’Agcom sgriderà Lilli Gruber che ha fatto dare a De Benedetti la sua dichiarazione di voto? Oppure ai potenti è consentito quello che non è consentito alle cantanti? Ps: ottima l’intervista, De Benedetti scatenato contro Scalfari: lo ha trattato come un vecchio rimbambito (“un signore molto anziano che non è più in grado di sostenere domande e risposte”), un ingrato (“gli ho dato un pacco di miliardi”) e un vanitoso. Scatenato contro Di Maio che non ha il curriculum (“se vincesse bisognerebbe scappare”, “l’incompetenza al potere, poveraccio»). Scatenato contro la Repubblica (un giornale che non fa più politica e che ha perso identità).
Ogni tanto una persona perbene ed intelligente dovrebbe ricordarsi che cosa è la politica. La politica è quella branca del sapere e dell’agire, quella scienza (?), quell’arte (?) che i popoli usano per mettersi d’accordo su come amministrare la cosa pubblica. Cioè: mettersi d’accordo. Io una volta avevo un amico, Mario Spinella, un intellettuale organico come si diceva allora, uno con una grande capoccia, che si era laureato alla Normale di Pisa, aveva partecipato alla lotta partigiana, era stato segretario di Togliatti e perfino direttore della mitica scuola delle Frattocchie dove si istruivano i quadri dirigenti del Pci. Un giorno mi disse che lui era per il proporzionale estremo, un deputato per ogni cittadino. Ovvio, una provocazione. Ma ogni tanto ero portato a pensare che lo dicesse sul serio. Era un tipo strano. Un sognatore, un po’ fuori dal mondo. Un giorno andai a mangiare in un ristorante di Milano. All’ingresso notai un assembramento, gente agitata, macchine della polizia, poliziotti che correvano a destra e a sinistra con le pistole in mano. Chiesi. Mi dissero che c’era appena stata una rapina. Con tanto di sparatoria. Entrai e notai, solo soletto, Mario Spinella ad un tavolo che mangiava tranquillo una milanese. “Mario, che cosa è successo?”. “Niente, che cosa deve essere successo?”. “Ma c’è appena stata una rapina. Hanno sparato!”. “Una rapina? Ma non mi dire. Non mi sono accorto di niente”. Era fatto così Mario Spinella. E’ morto quasi 25 anni fa. Ma a me è rimasto impresso nella memoria il suo proporzionale estremo. Perché ne parlo oggi? Perché io penso che la politica sia l’arte di mettersi d’accordo. Oggi Angela Merkel si è messa d’accordo con Schulz. Di nuovo GroKo. Due partiti che la pensano in maniera diversa rinunciano ognuno ad un pezzetto del proprio programma e governano insieme. Noi della sinistra, invece, non riusciamo nemmeno a presentarci alle elezioni, insieme. A destra sono più bravi. Statalisti insieme a secessionisti. Liberali insieme ad assolutisti. Tolleranti insieme ad arroganti. Europeisti insieme ad antieuro. Diciamo a sinistra: “Un armata Brancaleone che si tiene insieme solo per la voglia di vincere”. E allora? La voglia di vincere è la voglia di governare che è il principio fondante di ogni democrazia. Ma a sinistra no. A sinistra ormai spacchiamo l’atomo in mille. Nessuno rinuncia a nulla. Le proprie idee sono talmente belle e indispensabili che non possono essere sacrificate a nessun compromesso. Renzi dice che bisogna andare insieme ma non cede nemmeno sul minimo sindacale. La sinistra dice che non bisogna far vincere la destra, ma si tiene tutte le sue convinzioni fondamentali. E che Renzi si fotta. E’ questo che differenzia la sinistra dalla destra: non gliene frega niente di governare.
Io me la ricordo bene quella storia del tetto massimo di 240 mila euro all’anno. Doveva valere per tutti ma alcuni, più uguali degli altri, si ribellarono e dissero che loro portavano tanti soldi alla Rai con i loro programmi e che quindi meritavano di più. A me pareva che fosse un discorso del cavolo, che questo assunto era tutto da dimostrare, ma loro dicevano che i programmi di infotainment erano programmi speciali, che non potevano essere considerati alla pari dei programmi giornalistici e che loro stessi non erano dei giornalisti, ma degli artisti. Passò questa linea: Bruno Vespa e Fabio Fazio non erano giornalisti, erano artisti. Anche questo mi sembrava un discorso del cavolo. Se uno fa un programma basato esclusivamente su interviste, non è un artista, è un giornalista, che sia iscritto all’Ordine come Vespa o che non lo sia più come Fazio. Ma vinsero loro perché, dissero gli alti vertici della Rai, se avessero perso se ne sarebbero andati verso altri lidi. Anche questo mi parve un discorso del cavolo perché se uno se ne va dalla Rai vuol dire che non se la merita ed infatti alla fine sono pochi quelli che se ne vanno dalla Rai e sono molti di più quelli che vogliono entrarci o tornarci. Ma vabbé, questa è la vita. Ma poi i nodi vengono al pettine. E il pettine si chiama par condicio. Durante la campagna elettorale la Rai si dà un regolamento per evitare che alcune forze politiche possano essere favorite ed altra sfavorite ad arbitrio dei conduttori dei vari talk show. Per questo le presenze vanno calcolate col bilancino e le varie trasmissione vengono ricondotte sotto il controllo di un telegiornale o di un giornale radio. E per questo possono ospitare politici solo le trasmissioni giornalistiche condotte da giornalisti. A me questo è sempre parso un discorso del cavolo ma queste sono le regole e a queste regole bisogna attenersi. Bisogna? No, bisognerebbe. Perché a questo punto Vespa e Fazio hanno deciso che non sono artisti e che loro vogliono intervistare i politici come hanno sempre fatto. Dovrebbero intervenire i politici, attraverso la Commissione di Vigilanza, a pretendere che vengano rispettate le regole. Ma i politici dicono che no…non sarebbe giusto di privare gli italiani di quel palco…che Vespa e Fazio sono fondamentali per la politica e per la democrazia… e, altrimenti, dove potrebbero andare loro a diffondere il loro fondamentale pensiero? Ed infine le regole vengono bellamente calpestate da quegli stessi che le hanno stabilite. E’ bello vivere nella patria del diritto.
Il leader del Partito Matteocratico, Renzi, finalmente, sembra, ha deciso. Niente inciucio con Berlusconi. Chi vota Pd può stare tranquillo, non ci saranno “larghe intese”. Lo ha detto a Massimo Giannini nella trasmissione radiofonica “Circo Massimo”. Bene, un sincero e convinto elettore di sinistra non ha più da temere nulla. Chi vota Renzi ha la sua parola: è un voto che non traslocherà a destra. Ecco, bisogna dire che la parola di Renzi ormai non vale tantissimo. Non è proprio oro colato. Disse che avrebbe lasciato la politica se avesse vinto il “no” al referendum, D’accordo, sono cose che si dicono. Anche Veltroni ci aveva promesso che si sarebbe occupato di Africa. Anche Toto “Vasa Vasa” aveva detto che avrebbe lasciato la politica e si sarebbe dedicato ad un ospedaler nel Terzo Mondo. Ma su Matteo Renzi da quando disse ”Enrico stai sereno” non si può veramente più fare affidamento. E infatti, nella stessa intervista a Giannini, subito dopo, smentisce se stesso. Dunque, Massimo Giannini fa la domanda, giornalisticamente interessante. “Si può dire che non ci saranno larghe intese con Berlusconi?” E Renzi risponde “Assolutamente sì”. Il combinato disposto fra la domanda e la risposta porterebbe a pensare che per nulla al mondo Renzi potrebbe accordarsi con Berlusconi per fare un governo insieme. Ma ecco che purtroppo Renzi vuole strafare e continua: “Anzi, voglio dire ai cittadini che più voteranno centrosinistra e Pd più lo spettro , il rischio , della grande coalizione non ci sarà”. Cribbio, ma allora il rischio c’è. Se l’italiano, come la matematica, non è un’opinione, questa precisazione significa che la grande coalizione è una ipotesi sul tappeto, ipotesi che può essere sventata solo votando compatti per il Pd. Almeno, questo è quello che dice Renzi. E chi osa dubitare della parola di Renzi?
Non c’è cena, pranzo, incontro in cui qualcuno non dica ad un certo punto: “Ma voi per chi votate”. E’ il momento più imbarazzante. Se uno dice: “M5S” si becca una salva di insulti. Se uno dice :”Pd”, si becca una salva di insulti. Se uno dice: “Leu” viene guardato come un marziano finché non spiega: “Grasso”. E allora si becca una salva di insulti. Se dice qualsiasi altra cosa, Meloni, Salvini, Tajani, viene cacciato via, almeno dalle mie parti. Una volta, “ai miei tempi” c’erano un sacco di scappatoie, Il Pri, i radicali, Il Pci (“ma è l’ultima volta”), il Manifesto, i verdi. Ma adesso no, ci sono solo partiti che fanno beccare una salva di insulti. Io comunque lo dico. Io voterò il partito che sembra una malattia venerea. A me Grasso e la Boldrini non piacciono per nulla ma quello è un partito nel quale militano un casino di politici che mi piacciono. Uno a caso, Bersani. E’ simpatico, non ha mai fatto cazzate, non ha mai rubato, è intelligente, coerente, intellettualmente onesto. E’ finito in un partito che non conta niente. Ma io sono sicuro che lui sta facendo di tutto perché la Ditta si ricomponga non appena i Mattei si saranno fatti da parte. Il partito matteocratico proprio non mi piace ed i grillini hanno perso la testa. Ben venga il partito venereo se servirà a riportare un po’ di ordine, serenità e ragionevolezza. Certo, non vincerà le elezioni. Vero. Certo, le farà perdere al partito matteocratico. Vero. Certo le elezioni le vincerà la destra. Ma sarà la destra autentica, originale. E poi tornerà Bersani.
Caro Paragone, io ricordo che tu eri direttore della Padania. Cioè eri un leghista. Ricordo che sei arrivato in tv in quota Lega. Cioè eri un leghista. Un leghista intelligente. Un leghista onesto. Un leghista sopportabile. Ma eri un leghista. E com’è che adesso ti scopri grillino? Mi dirai: “Non posso?”. Ti rispondo: “No, non puoi.” Non si può tutto a questo mondo. Ci sono cose che si possono fare e cose che non si possono fare. Tu sai che io sono un esperto di voltagabbana. E nei miei tanti articoli sull’argomento ho stabilito una regola: voltare gabbana si può. Cioè: si può cambiare idea. Ma bisogna spiegare . E soprattutto lo deve fare un giornalista. Hai litigato con la Lega? Bravo! Ti fa onore. Ma ce lo vuoi raccontare anche a noi? PS: Caro Di Maio, anche tu come voltagabbana non sei mica male. Una volta non volevate gente che era stata in altri partiti. D’accordo, era esagerato. Ma adesso addirittura il contrario?
De Mita, Follini, Alfano, il nuovo che avanza.
Era ora, finalmente qualcosa di nuovo. Da tdanto stavamo aspettando che qualcuno prendesse l’iniziativa e fondasse un nuovo partito. Ma che dico, un nuovo partito? Molto ma molto di più. Il Nuovo Centro. E chi è il portatore di questa grande novità che rivoluzionerà il panorama socialeudoxoij e politico italiano? Ma lui, il nuovo per definizione: Ciriaco De Mica. Ma mica da solo. Con lui altri giovincelli: Alfano, Follini, mica bruscolini. Dice De Mita: “Vogliamo costruire un campo moderato che stia tra Renzi e Berlusconi”. Tra Renzi e Berlusconi? Ma tra Renzi e Berlusconi non c’è nessun spazio, non ci passa nemmeno un foglio di carta velina. Ma bisogna farlo, assolutamente. Perché? Perché, dice Ciriaco, si sente la necessità di una coalizione popolare. E qui, come dargli torto? Chi può negare che manchi in Italia una coalizione popolare? Ma il futuro è già cominciato.
Sallusti e Fini, pistola contro pistola.
Qualche giorno fa c’è stat
a una bellissima diatriba fra Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, e Massimo Fini, collaboratore del Fatto. Materia del contendere un bellissimo articolo di Massimo Fini sul suo giornale in cui il mio splendido collega (Fini) difendeva il pm Woodcock sotto attacco generale, accusato di aver diffuso documenti riservati. L’articolo di Massimo Fini era perfetto. In sostanza, diceva, appena un pm tocca interessi “delicati” si scatena, a prescindere da tutto, una campagna contro il pm stesso. L’articolo era documentato, preciso, senza sbavature. Era un articolo alla Massimo Fini, appunto. E’ intervenuto Sallusti accusandolo di “difesa servile” e di “essersi svenduto la testa”. Ma come, diceva in sostanza Sallusti, proprio tu che sei un bastian contrario, ti metti a difendere qualcuno, arruolandoti nel partito dei magistrati traffichini? Massimo Fini allora si è arrabbiato. E siccome lui non querela nessuno, lo ha sfidato a duello. Arma scelta: la pistola. Conosco Fini, so che diceva sul serio. “Se sei un uomo d’onore…”, gli ha scritto. Ma Sallusti non ha la tempra di Massimo, non è un uomo d’onore, e l’ha buttata in caciara. Peccato. Quel duello non me lo sarei perso. Massimo Fini e Sallusti, pistola contro pistola, dietro il muro del cimitero!
Solvi Stubing, la nostra birra.
In Italia non muoiono solo le persone, non muoiono solo le idee. Muoiono anche le pubblicità. E quando muoiono le pubblicità è una parte di noi che se ne va. Quando se ne è andato quasi venti anni fa Ernesto Calindri si è portato con sé tutti i nostri ricordi dell’amaro Cynar che, ricordate?, era contro il logorio della vita moderna. Adesso se ne è andata Solvi Stubing, la bella attrice tedesca bionda e dagli occhi azzurri che ti guardava fissa e ti diceva: “Chiamami Peroni, sarò la tua birra”. E tu non potevi che dirle: si.