Ad Hanoi ci sono 9 milioni di abitanti e 6 milioni di motorini. La stessa percentuale vale per tutto il Vietnam. Immaginatevi il traffico. I motorini vanno da tutte le parti, corrono sui marciapiedi, vanno contromano, passano col rosso, parcheggiano nei bar e nelle hall degli alberghi, suonano il clacson in continuazione. I motorini sono la colonna sonora di Hanoi.
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E’ passata quasi una settimana da quando abbiamo cominciato a girare per il Vietnam del nord (mi raccomando la minuscola). Abbiamo mangiato seduti per terra in posizioni da kamasutra, abbiamo dormito per terra protetti da esili tende, abbiamo fatto splendide passeggiate tra gli orti e le risaie osservando contadine piegate in due con i loro bambini sulla schiena, abbiamo salito 150 gradini per osservare dall’alto, a Quan Ba, le Nui do go tien, le famose due tettone della fata (che sarebbero due colline a forma di seno in mezzo ad una bellissima valle), abbiamo imparato grazie ai racconti della nostra guida come ci si sposa in Vietnam e come funzionano i funerali, abbiamo visto il grande m unumento al Khen, il flauto simbolo degli uomini che se ne servono per attrarre le ragazze. Abbiamo anche giocato a Dacau, con esiti penosi.
Eravamo rimasti al Palazzo del Re Mong. In realtà non è un palazzo ma una casa di pietra piuttosto grande. Il Re non era un re ma un riccone che era diventato un signorotto locale di Lum Can. Era un signore molto intelligente, molto furbo che in breve divenne anche molto potente nel periodo tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900. Si fece una sua soldataglia e venne di fatto scelto dalla popolazione come capo della zona. Vi ricorda qualcuno? Tramandò il suo potere ai figli che combatterono contro i francesi Poi la loro fortuna svanì e le autorità li cacciarono dal Palazzo che fu trasformato in museo. Vi ricorda ancora qualcuno? Si chiamava Vuong Chinh Duc,
Ci addentriamo nelle zone dell’etnia Mong ed andiamo a visitare il famoso mercato di Lung Pinh, mercato che vede pochissimi turisti e quindi non ha paccottiglia. I montanari fanno anche tre ore a piedi per andare a vendere bufali e comprare pentoloni. Arriviamo in un momento di pioggia intensa e, vestiti di mantelle multicolori (solo Annalia indossa un megapreservativo trasparente), ci becchiamo un acquazzone senza precedenti. L’acqua scroscia per ogni dove, sui piedi, dentro il collo, dentro le mutande. Ma noi siamo fra i pochissimi turisti e siamo orgogliosi. Ci aggiriamo fra splendide ragazze vestite con i vestiti tradizionali (la gonna coloratissima plissettata ed ondeggiante) fra macellai, erbivendoli, ferramenta, abbigliamento, spezie, cibi. Mi viene voglia di farmi tagliare i capelli ma la pioggia mi dissuade. Mi appassiono ad una bancarella di intimo dove primeggia una mutanda Giorgio Armani.
Lasciamo la bolgia della movida di Hanoi diretti verso il profondo nord, puntando verso la frontiera con la Cina. Arriveremo a pochi chilometri dalla Cina e visiteremo le minoranze etniche vietnamite. Si tratta di un giro impegnativo tra le splendide montagne del Vietnam del nord (mi raccomando la minuscola) percorrendo su un Transit una strada fantastica senza il minimo rettilineo, larga abbastanza per far passare una macchina, talvolta un camion, raramente entrambi.
Piccolina, con viso simpatico ed allegro, Luna ci attende fuori dall’aeroporto di Hanoi. La nostra accompagnatrice parla italiano per fortuna e ci condurrà in giro per il Vietnam settentrionale a bordo di un Transit. Ma come prima cosa ci porta all’albergo dove piomberemo nel sonno più assoluto che ci fa superare una tonnellata di jet lag. Quando ci alzeremo e ci avvieremo al ristorante saremo immersi nella movida di Hanoi del sabato sera.
Abbiamo letto tutto quello che c’era da leggere. Noi non viaggiamo per gioco ma per conoscere. Il nostro è un viaggio per intellettuali.
Il Vietnam non è dietro l’angolo come voi tutti sapete. In questo momento sono dentro il mastodontico aeroporto di Dubai, a metà del viaggio, aspettando che passino le quattro ore della coincidenza per Hanoi. Sono steso su una sdraio vome uno dei signori che vedete nella foto. Ho fatto km per raggiungere il gate A8. In aereo ho visto tre film, The first man, Il marziano e Bentornato Presidente. Poi ho versato un bicchiere di vino rosso sulla coscia di Barbara la quale ha fatto finta di non essere turbata ma ha chiesto di cambiare pesto alla ripresa del viaggio. Non è carino da parte sua.
Si ricomincia a viaggiare. Partenza con Emirates, via Dubai. Destinazione Vietnam dove ormai sono andati tutti, tranne che noi. L’Asia non mi appassiona ma sempre meglio che un calcio in bocca. Vi informerò di tutto, sia dei posti, sia della gente, sia dei compagni di viaggio che sono in parte quelli con i quali condividemmo Argentina e Cile. Adesso scusate ma debbo fare le valigie. https://images.app.goo.gl/nygEEVHDQccTzuZY7
È una storia patetica. Io ho 75 anni. E un occhio solo. Una trombosi mi ha reso del tutto inefficiente l’occhio destro. Non era un grosso problema. Continuavo ad avere uno sguardo molto affascinante. E nessuno si accorgeva che ero orbo. La patente poi la danno anche a quelli che hanno un solo occhio. Purché da quello buono abbiano otto decimi. Così sono andato tranquillo a farmi rinnovare la patente. Peccato che all’occhio buono avevo solo sette decimi. Panico. Niente patente.