Quando Gianni Boncompagni ha compiuto 60 anni, io l’ho intervistato. Quando ha compiuto 70 anni, io l’ho intervistato. Quando ha compiuto 80 anni, io l’ho intervistato. Sono stato il metronomo dei suoi decenni. Il testimone del suo tempo che passava. Gli chiesi: ci diamo l’appuntamento per i novant’anni? “Che cosa?” Ci arrivi a novant’anni? “Non lo so”. Qualcosa di più preciso? “Sì, sì, sì… spero di sì. Malamente, ma sì. Ci arrivo ai novant’anni”. Facciamo anche l’intervista dei cent’anni? “Me l’immagino. Noi due, sul divano, rincoglioniti… senza capire niente…tutte e due totalmente sordi…come? Come?”
Quanto mi divertivo ad intervistare Boncompagni.
Gli chiesi: che cosa dobbiamo scrivere sulla tua tomba?
“Scrivici: “Adesso mi sto annoiando””.
Nei giorni dell’intervista si era fidanzato con una giovanissima, come al solito.
Gli chiesi: Lei quanti anni ha?
“Cinquanta meno di me”.
Non ti innamori mai di una coetanea?
“Le mie coetanee sono tutte morte”.
Boncompagni abitava in uno splendido attico in via Nemea, a Roma. Circondato da marchingegni elettronici. La maggior parte del tempo lo passa a Porta di Roma, nei vari centri commerciali. Era un acquirente compulsivo. Alla fine, mi disse, ho comprato un appartamento vicino ai centri commerciali. Mi veniva più facile.
Con Boncompagni era divertente anche parlare di vecchiaia, di malattie e di morte. Gli chiesi: Quando si diventa vecchi cambiano gli interessi? “Cambiano gli argomenti di conversazione”. Fammi un esempio. “Chiedi all’amico ottantenne: “Come sta tua moglie?” E lui risponde: “Le hanno dato dieci giorni di vita”. La settimana dopo lo rincontri. “E tua moglie?”. “E’ morta”. Queste sono le conversazioni fra ottantenni”.
Che bel mestiere che è quello che ho fatto. Ho conosciuto gente come Gianni. Che un giorno mi chiamò e mi chiese se volevo partecipare al suo ultimo programma, Bombay. Io gli risposi “Di corsa”. Mi fece fare il Padreterno. Io mi preparavo benissimo, scrivevo tutto il mio copione e poi glielo portavo. Lui lo leggeva attentamente e tutte le volte mi diceva: “Splendido”. Poi lo prendeva e lo faceva a pezzetti.
Le interviste a Gianni Boncompagni sono archiviate qui. http://interviste.sabellifioretti.it/?cat=40
Volete vincere il diritto di uccidere un capriolo, un camoscio, un cinghiale? Nessun problema. Basta partecipare ad una lotteria. Ce ne sono tante nel Trentino Alto Adige. Comprate il biglietto e aspettate. Se la fortuna è dalla vostra nel prossimo week end vi dotate di apposito fucile e andate a riscuotere il premio. Associazioni turistiche e perfino società che gestiscono impianti di risalita organizzano queste simpatiche riffe. Una volta si vinceva un gigantesco uovo di Pasqua. Adesso si vince il diritto di piantare una palla di piombo fra gli occhi di un cervo. Le lotterie ammazza-cervi hanno un grande successo. Un capriolo maschio a Caldonazzo, un capriolo femmina, quattro beccacce e quattro lepri a Ronzo Chienis, un camoscio adulto e una capriola a Rumo, un altro camoscio a Stenico. E’ tale il successo che anche in altre regioni si segue l’esempio. In una riserva umbra si può vincere il diritto di uccidere un cinghiale. Lo so, lo so, sento già alcune voci levarsi e sostenere che uccidere un camoscio non è reato. Ma io non ho parole per rispondere, non ho più neanche tanta voglia di protestare, di sentirmi dire che se mangio carne qualcuno li deve pure uccidere gli animali. Mi basta raccontare queste cose. Penso al papà che dice al figliolo: tieni il biglietto, se esce il numero possiamo ammazzare una bella capriola. Mettere in palio un’uccisione. Che bel messaggio! Dovete capirlo da soli che è una cosa che non bisogna fare. Se non lo capite io non posso fare nulla per voi.–
QUESTE COSE SUCCEDEVANO NEL 2010. OGGI, SI SPERA, NON SUCCEDONO PIU’
Conoscete quel bel giovanotto col cerchietto rosso attorno alla testa? Si chiama Paolo Gabriele, Paoletto per gli amici. La sua vita ormai è segnata, non tanto per essere l’uomo che avrebbe consegnato all’esterno le lettere destinate al papa, non tanto per essere finito per questo motivo in galera, non tanto per essere stato definito il capro espiatorio dello scandalo del Vatikanleaks quanto per essersi guadagnato per tutti questi fatti il cerchietto rosso nelle fotografie, anche quelle in cui compare da solo insieme al papa. Dida: “Paolo Gabriele, col cerchietto rosso, insieme al papa. E meno male che c’è il cerchietto rosso altrimenti uno potrebbe confonderlo con Ratzinger. Come quando in una foto c’e un attore famoso con il suo barboncino e la dida recita: “L’attore famoso, a destra, …” Ricordo anche una famosa barzelletta. Bepi va a Roma e per uno strano scherzo del destino viene invitato dal papa a salire sulla papamobile. La scena viene mandata in mondovisione. Toni, al bar del suo paesello, vede la scena in tv ed esclama: ” Ma chi è quel signore vestito di bianco vicino a Bepi?”-–
Ho cominciato questo mestiere facendo il giornalista sportivo, come mio padre che era direttore del Corriere dello Sport e che fu il primo radiocronista di calcio. Solo per dire che so di che cosa sto parlando. Sto parlando dei telecronisti tifosi. Che cominciano la telecronaca urlando forza Italia forza azzurri. Roba da terzo mondo sportivo e culturale. Telecronisti che parlano della squadra usando il pronome «noi», che di un avversario che sbaglia dicono «per nostra fortuna non ha colpito bene il pallone», che si trasformano anche in commissario tecnico. «Non dobbiamo fare questi passaggi, piuttosto palla indietro al portiere». Oppure: «Io Balotelli non l’avrei fatto uscire». In compenso, mentre le telecamere indugiano su volti noti e seminoti sulle tribune, si guardano bene di dire i loro nomi. Dicono anche «se nessuno protesta come facciamo a convincere l’arbitro che era fallo?» Insopportabile. Il giornalista sportivo non deve fare il tifo, deve raccontare, dire i nomi, spiegare il regolamento, rendere l’atmosfera, trasmettere l’emozione. Il tifo lo facciamo noi. È come se il giornalista politico facesse il tifo per un politico o per l’altro. È come se il giornalista economico facesse il tifo per un amministratore delegato o per l’altro. Come dite? Vabbé, faccio finta di non aver sentito.
A me Francesco Boccia è sempre stato simpatico. E l’ho sempre stimato. L’altro giorno ha dato il meglio di sé. Intervenendo sulle polemiche relative al Natale e alla possibilità che bisognasse interrompere i festeggiamenti oppure la Messa di mezzanotte alle 24 ha detto con tranquillità e moderazione: “Io credo che non succederà nulla se Gesù per una volta nascerà un paio di ore prima”. Un genio fra i tanti idioti che parlano in questi giorni.
In questa ultima fase della mia carriera giornalistica Ne ho fatte di tutti i colori. Ho ricominciato a scrivere interviste per il Fatto. Poi ho smesso. Poi ho ricominciato a farne per il Venerdì di Carlo Verdelli. Poi ho smesso. Non ne potevo più non tanto delle interviste quanto degli intervistati. Poi Verdelli se ne è andato (si fa per dire). Io ho ricominciato a scrivere per il Fatto. Ma non interviste. Ho una mia rubrichetta che si chiama “Scene da un manicomio”. Oggi la trovate a pagina 15. Mi piacerebbe se la andaste A leggere e mi mandaste la vostra opinione e i vostri consigli. Sinceramente e spassionatamente. Non con cattiveria ma con severità. Grazie.
All’inizio era per Morgan, il cantautore, quello che a Sanremo aveva litigato con Bugo, il suo partner. Morgan aveva perso l’uso della sua casa e del suo laboratorio musicale. E Vittorio Sgarbi, sindaco di Sutri, gli aveva offerto ospitalità a villa Savorelli, splendida dimora sede del parco regionale a poche decine di metri dallo splendido anfiteatro. Non andò a buon fine. Poi è stato il caso di Enzo Bianchi, storico priore della comunità di Bose, centro di spiritualità tra i più alti del nostro tempo. Entrato in conflitto con le gerarchie vaticane, il monaco è stato cacciato dalla comunità che aveva lui stesso creato. Ed ecco arrivare Vittorio Sgarbi che gli offre ospitalità a villa Savorelli, splendida dimora sede del parco regionale a poche decine di metri dallo splendido anfiteatro. Non sappiamo come andrà a finire. Ma siamo sicuri che se l’ex priore di Bose non andrà a Sutri, qualcosa succederà. Cacciano Conte da palazzo Chigi? Pronti! A villa Savorelli è già stato preparato uno studio per il primo ministro. E uno studiolo per il fido Casalino. E se va male anche con lui, perché non invitare Bertolaso, appena finirà il suo impegno in Sicilia? O meglio ancora Giulio Gallera, per il quale l’assessorato non dovrebbe durare che poche altre settimane? Per tutti i traballanti, villa Savorelli sta diventando un possibile approdo. Matteo Renzi? Perché no? Sotto l’uno per cento dovrà pensare ad una ricollocazione. E il povero Donald Trump? Sembra proprio che perderà presto l’uso dello studio ovale. Vittorio Sgarbi ci sta lavorando.
Compie oggi 74 anni, due meno di me. Stefania Sandrelli, mito erotico della mia gioventù, la intervistai quando aveva 48 anni, nella sua casa a Roma Nord. Non si tirò indietro rispetto a nessuna domanda. Insomma mi dette soddisfazione.
Alcuni ricordi. Domande e risposte
Che cosa la seduce in un uomo?
Il fatto che sia un uomo.
…
Vorrei trovare la pace dei sensi. L’ha detto lei. L’ha trovata?
Non l’ho ancora trovata. Non mi dispiacerebbe perché la passione è faticosa.
io sono esuberante. In amore lo sono moltissimo, anzi lo ero. Avevo bisogno di fare l’amore spesso.
E’ un bisogno che cala?
Cala, cala. Ma quando mi capitava di farlo spessissimo, non mi sembrava di farlo in maniera esagerata.
Cosa vuol dire “spessissimo”?
Significa avere voglia di stare tutta la giornata a letto.
Il primo bacio lo ricordi?
Fu il fratello di una mia carissima amica, Giampaolo. Io avevo 14 anni e lui 17. Con la scusa di insegnarmi a ballare mi appiccicò al muro e mi dette un bacione di quelli proprio da un quarto d’ora.
E il primo “sesso” con Gino Paoli?
Fu una notte sulla spiaggia, con Gino. Tecnicamente fu un errore. Mai fare queste cose sulla sabbia.
C’era qualcuno nei film erotici che – come si dice – si prendeva un passaggio?
Si, ma esattamente come io me lo prendevo con lui. Uno si accorge subito se un attore è pronto a uscire da una parte oppure se la gode un pochino. Io sono una di quelle che se la godono un pochino.
Moravia disse che tu “incedi spargendo sesso”…
Ma no, se la sono inventata.
Ma tu incedi spargendo sesso?
Ma che significa? Tutti incedono spargendo sesso.
Anche io?
Embé? Certo! Fin lì ci arrivano tutti.
L’intervista intera? http://interviste.sabellifioretti.it/?cat=287
Piercamillo Davigo, in Tv, da Formigli, dice una frase e sui giornali si scatena il putiferio. Giornalisti, giudici, politici. Gli danno tutti contro. Vediamo quale è la frase che scandalizza tutti. “L’errore italiano è stato quello di dire sempre: ‘Aspettiamo le sentenze’. Se invito a cena il mio vicino di casa e lo vedo uscire con la mia argenteria nelle tasche, non sono costretto ad aspettare la sentenza della Cassazione. Smetto subito di invitarlo a cena”.
E poi ne dice una ancora più forte. “Se il mio vicino di casa è stato condannato in primo grado per pedofilia, io, in omaggio alla presunzione di innocenza, gli affido mia figlia di sei anni perché la accompagni a scuola? No!”
“Parole che mettono i brividi”, dicono. “Fa paura”, commenta Matteo Renzi.
Leggere queste cose mi fa tornare indietro nel tempo. Queste parole le ho già sentite. Le ha dette a me, la prima settimana di febbraio del 2009, undici anni fa. Mi ha detto quasi esattamente la stessa frase: «Facciamo un caso. Il mio vicino, quello cui affido mia figlia per accompagnarla a scuola, viene accusato di essere un pedofilo. Finché non si pronuncia la Corte di Cassazione è innocente. Ma io continuo ad affidargli mia figlia?». Allora queste parole non hanno messo i brividi a nessuno. Sono state ritenute parole di buon senso. Matteo Renzi che allora era presidente della Provincia di Firenze, agli inizi della carriera, non si mise paura. Perché nessuno, allora, avrebbe affidato la propria figlia di sei anni ad un sospettato di pedofilia, ancorché assolto in primo grado. Oggi deve essere cambiato qualcosa. Prendo atto che oggi gliela affiderebbero.
Era una bella intervista, quella di undici anni fa. Sono tutte belle le mie interviste, splendide, eccezionali. Vero? Ma Davigo mi dette una mano perché le sue risposte sono sempre intelligenti, sorprendenti, acute. Gli chiesi la sua opinione sul problema della interpretazione della legge. Se fosse giusto per un magistrato applicare la legge alla lettera oppure la potesse interpretare. Rispose: «Omicidio: chiunque cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione non inferiore ad anni 21. E se cagioni la morte di una donna? Ai tempi della Bicamerale, nella bozza Boato c’era la proposta di vietare l’interpretazione estensiva. Se fosse passata, sarebbe stato impossibile condannare chi uccide una donna».
Comunque, se volete rileggerla, andate qui (http://interviste.sabellifioretti.it/?cat=367)
Io da piccolo frequentavo l’Azione Cattolica, andavo a messa tutte le domeniche, mi confessavo e facevo la comunione. Poi, folgorato sulla via di Damasco, ma nel senso inverso, ho dimenticato tutto, Chiesa, religione, fede, preti, sacramenti. Tutto. E ho fatto bene. Non mi sono mai pentito di questa scelta. E anche se fosse capitato che mi pentissi, prontamente sarebbe scesa in campo la Chiesa a ricordarmi di non fare l’errore. L’otto per mille, l’evasione dalle tasse, la ricchezza ostentata, la pedofilia, lo Ior, l’intromissione nella politica. C’è sempre stata una grande abbondanza di motivi per i quali stare da questa parte del Tevere. Ogni tanto c’è un papa buono, ogni tanto incontri preti sani e giusti (io li chiamo i pretacci). Ma in linea di massima la Chiesa rimane una istituzione dalla quale è meglio stare alla larga. Non ci delude mai. Avresti immaginato che proprio la Chiesa si sarebbe opposta alle regole di ingaggio col coronavirus? E’ proprio così indispensabile andare a messa mettendo a repentaglio la salute della gente? Via! Tutti dentro alle chiese a respirare bacilli velenosi. Dice: va bene ma l’ostia la prendiamo con i guanti! Dice: ma non ci scambiamo più il segno della pace! Dice: ma rispetteremo le distanze! E lasceremo fuori quelli per i quali non ci sarà posto. Io non credo che esista Dio. Ma se per caso esiste in questo momento sta scuotendo la testa mormorando fra sé e sé: “Ma perché li ho creati così stupidi?”