E chi se lo dimentica più il grande Domenico Scilipoti? E pensare che stavamo per rinunciarci. Il suo assistente aveva avvertito “Un giorno da pecora” che non poteva essere puntuale per le 13,30 perché alla Camera erano previste votazioni per Napoli e la sua rumenta. In casi del genere io e Giorgio Lauro siamo sempre indecisi se mandare a monte tutto, se trovare velocemente un sostituto oppure stare al gioco e cominciare la trasmissione senza ospite in studio magari collegandoci con lui tramite cellulare documentando la sua marcia di avvicinamento in taxi. Scilipoti ci fa dire che non può assolutamente disertare la votazione, noi insistiamo e minacciamo vigliaccamente di sospendere la sua partecipazione e di non invitarlo più. Lo convinciamo e lui si precipita, tanto che arriva addirittura in anticipo. Quando lo vediamo ci è viene subito in mente Danny De Vito, sia per l’altezza, il minimo sindacale, sia per l’incredibile somiglianza del viso. Di corsa facciamo stampare una foto di Danny. Abbiamo fatto preparare dei panini e della frutta ma lui non ne mangia. Sembra una persona normale e anche simpatica. Alla dirigente che si occupa del nostro programma si presenta dicendo: “Piacere, sono Cirino Pomicino”. Appena comincia la trasmissione inizia a straparlare. Dice cose folli, senza senso e non consente interruzioni. Noi non riusciamo a dire nemmeno una parola. Figuriamoci interromperlo. Ogni tanto io e Giorgio ci guardiamo disperati. Ci sta distruggendo il programma. Poi, piano piano ci rendiamo entrambi conto, e ce lo comunichiamo tramite sguardi di intesa, che invece il folle Scilipoti sta creando un evento e noi possiamo approfittarne per creare una pagina di grande radiofonia. E di incredibile politica. L’impossibilità di realizzare una qualsiasi forma di collaborazione è evidente. Di porgli domande, neanche a parlarne. Lui continua ad urlare come un invasato e noi a tentare di arginarlo pur sapendo che è impossibile, inutile e addirittura controproducente. Io mi accascio sulla poltroncina, Giorgio lo minaccia di dargli una testata come Zidane a Materazzi. Lui parla con un inesistente Pasquale chiedendogli di portargli casse di Coca-Cola. Dall’altra parte del vetro il suo assistente ride come un matto. L’unica maniera per fermarlo è chiamare la musica. Lo facciamo. E durante la pausa, mentre si ascolta la canzone, Scilipoti se ne sta zitto o parla normalmente, di politica, di agopuntura, di musicoterapia. Poi torniamo in onda riparte la folle sarabanda. Non si ferma davanti a nulla. Io gli dò del matto. Niente. Giorgio gli fa vento con un improvvisato ventaglio. Niente. Io lo spruzzo con l’acqua minerale. Ma niente da fare. Scilipoti si alza improvvisamente in piedi, con le mani in alto. Poi si ributta sulla sedia. Comincia una filippica contro chi lo ha criticato, contro Di Pietro, contro Annozero, contro la Repubblica, contro il Pd. Urla: “Mascalzoni!”. E’ tutto rosso in volto. Temiamo seriamente un malore. Lui non fa parlare nemmeno gli ospiti telefonici. Saverio Romano, deputato come lui, lo invita alla calma ma lui niente. Nemmeno Lina Sotis, con la sua voce imperturbabile, riesce a frenare l’eruzione. Lui la prende in giro. “Lina, Linuccia, Sitos, Setas, Sotis”. Ci colleghiamo con Gian Antonio Stella. Scilipoti ignora le domande di Stella e continua peggio di uno tsunami. “Stella, Stellina, Stella Cadente”. Riesco ad infilarmi nella tempesta: “Gian Antonio abbi pazienza”. Gian Antonio capisce ed ha pazienza. Negli intervalli Alice, la nostra assistente, lo fotografa con la foto di Danny De Vito accanto (incredibile la somiglianza). Lui sorseggia una Coca Cola. Durante la pausa dell’ultima canzone cerchiamo di concordare qualche argomento con cui chiudere la trasmissione. Giorgio ottiene una specie di armistizio. Parleremo delle accuse di Barbareschi, di Annozero e lo faremo giurare di non essere stato pagato per cambiare il suo voto. Lui insulta Barbareschi, insulta quelli di Annozero e giura solennemente. Ma poi ricomincia la valanga di insensatezze. Interviene il Divino Otelma e Scilipoti incredibilmente lo fa parlare. Tra matti si capiscono. Il Divino gli dice che lui il tradimento ce l’ha nel Dna, quindi tradirà anche Berlusconi. Questo interrompe per un attimo il fiume in piena ma poi è di nuovo esondazione. Riusciamo a malapena a prendere la parola per chiudere la trasmissione. Lui si calma. Facciamo le foto di prammatica con la grossa pecora di peluche. Lui dice: “Me la regalate?” Io ringhio: “No!”. Ormai sembra una persona normale. Sorride felice mentre sulla chat della trasmissione arrivano centinaia di interventi. Sorpresa, indignazione, insulti. Lui prende i gadget e se ne va sereno. Le agenzie cominciano a battere take su take. Fra un po’ i tg manderanno in onda la sua splendida performance. Telefono a Gian Antonio Stella per scusarmi. Lui ride come un matto e sta già scrivendo il pezzo su Scilipoti. Mi chiede: “Era ubriaco?” Gli confermo di no. Non era ubriaco, era Scilipoti, l’uomo che ha salvato Berlusconi. Sei foto dell’Unità in prima pagina, una paginata intera del Corriere della Sera, agenzie internazionali, giornali americani. “Un giorno da pecora” nel mondo. Entriamo alla grande nel panorama della politica italiana. Non ci crediamo nemmeno noi. Abbiamo scritto una grande pagina di storia della politica italiana. Roba da andarne orgogliosi?
da Barbara Melotti
Caro Claudio, quanti di quei ricordi ho condiviso! Il mio migliore fu scoprire di condividere con il grande Gianni Guasto i miei 2 feticci televisivi di allora, La Squadra e l’NCIS.
da Luca Di Ciaccio
Mi hai fatto commuovere!
Dillo a me!(csf)
da Muin Masri
Caro vecchio mio, forse non te l’ho mai detto, forse non ce n’era bisogno, ma per me il tuo blog è stato una sorta di LSD dell’aspetto umano. Vi ho trovato un concentrato di intelletto, simpatia, esperienze, autoironia e, perché no, cazzate pazzesche. Era difficile non farne uso ogni mattina, sbirciare quei 5 minuti prima di iniziare la giornata lavorativa, mi sembrava così di aumentare la creatività e l’autostima. Ti faceva capire che la realtà non è qualcosa di fisso, che ogni giorno era una possibile realtà. Qui ho imparato tante cose e ho conosciuto delle persone fuori dall’ordinario. Poi, insomma, c’eri tu come padrone di casa, un po’ sapientone, un po’ vanitoso, un po’ inquieto, un po’ pentito, un po’ nostalgico, un po’ giusto, un po’ anziano, un po’ fanciullo, un po’ severo, un po’ giornalista, un po’ storico, un po’ politico, un po’ socialista, un po’ italiano perso… un po’ di tutto, ma, come gli antichi greci, avevi il senso della misura. Mi piacevi quando correggevi alcuni miei post prima di pubblicarli, forse lo facevi per proteggermi o forse per tenere alto il livello del blog. Ti odiavo quando mi cestinavi alcuni post, forse lo facevi per proteggermi o forse per tenere alto il livello della discussione. Caro vecchio mio, scoprire il tuo blog è stata un’esperienza incredibile e profonda, quasi mistica. E come diceva Roger Waters “Se prendi LSD quello che provi dipende interamente da chi sei”.
Caro Muin, vado un attimo in bagno a piangere. Torno subito. (csf)
Vi ricordate i vecchi tempi? Che nostalgia. Il blog d’antan. Quello in cui tanta gente si raccoglieva intorno ad un pazzo, o ad un gruppo di pazzi, e tutti i santi giorni si scriveva, si scambiavano opinioni, esperienze, idee. Che meraviglia. Io non ricordo nemmeno quando iniziammo. Ricordo solo che mi inventai il blog perché vidi che dal 1999 lo stava facendo Barbara Palombelli. E mi piaceva. E mi faceva rabbia. L’archivio nel nostro blog risale al settembre del 2001, venti anni fa. In questi giorni mi sono precipitato come un archeologo a cercare il primo post pubblicato. Ma niente da fare. Introvabile. Poi ho scoperto che tutto risale grosso modo all’agosto dello stesso anno quando aiutato da Luca Di Ciaccio e da Barbara Melotti riuscii a mettere su l’impresa. Il post più vecchio che ho trovato riguardava il diabete che io allora non sapevo ancora di avere. Eravamo pochi all’inizio ma pian piano raggiungemmo quote impensabili per allora. Trentamila frequentatori al mese con uno zoccolo duro che si aggirava sui 200 amici. Scrivemmo anche un libro (“La mia vita è come un blog”) con il quale non riuscii a vincere il Nobel . Ma scorro i nomi e quasi mi viene da piangere. Primo Casalini, come un padre putativo. Silvia Palombi, la rossa. L’avv. Lina Arena, che aveva un solo scopo nella sua vita, dire che io non avevo capito niente di niente. Aldo Abuaf che aveva una moglie nera ma proprio non ce la faceva a non essere razzista. La suora missionaria in Africa della quale mi ero perdutamente innamorato prima di scoprire che era uno scherzo. E poi Giselda Papitto che si ergeva a difensora del movimento neneista (non conoscete il neneismo? Vogliamo farci del male?), Gianni Guasto, il nostro infiltrato nella Sanità, ma quella di sinistra, Pino Granata, il ras del mondo della fotografia. Al nostro blog scrivevano anche colleghi giornalisti come Valeria Gandus, Toni Capuozzo, Filippo Facci, Mattia Feltri, Bianca Stancanelli, Nunzia Penelope, Santi Ursu, Christian Rocca, Peter Freeman. Oppure cantanti (Baccini, Tito Schipa jr), scrittori (Pennachi). Ci scriveva soprattutto Piergiorgio Welby che, mandandoci un post dietro l’altro, uno mi divertente dell’altro, visse nella nostra ideale comunità gli ultimi anni tremendi della sua vita prima di riuscire a farsi concedere la dolce morte.
Tutti leggevano attentamente quello che ogni giorno scrivevo e poi intervenivano, quasi sempre per dire che non capivo un belino. Però nel trattarmi male ognuno aveva le sue idee e litigavano non sul perché (trattarmi male era scontato) ma sul come (dibattito vivace). Spesso ci vedevamo, organizzavamo degli incontri, qualcuno veniva a trovarmi in montagna (ricordo Silvia, Muin Masri, Ceratti, ma ne dimentico molti), oppure ci davamo appuntamento ai grandi appuntamenti di piazza San Giovanni. Tutto questo è praticamente finito. Dove siete finiti Paola Ragone, Isabella Guarini, Matteo Tassinari, Pier Franco Schiavone, Vittorio Grondona, Francesca Nardi, Federica Pirrone, in quale meandro degli inutili e scostumati social vi siete infilati.
Dove sia finito Domenico Di Franco, Mimmo, lo so. E’ qui, abita in Trentino, in un paese vicino al mio.
Che cosa spinge ad odiare? Qual è la molla che tende a distribuire epiteti ed offese via internet? Che cosa ci rende così maleducati davanti ad un computer? Innanzitutto diciamo che il termine hater è assolutamente esagerato. I ciberodiatori non odiano. L’odio è un sentimento tremendo ma di qualità. Gli haters non sono di qualità. Sono dei deficienti. Sono dei bulletti. Sono l’espressione più avanzata e sciocca dei giocherelloni telefonici. Di quelli che suonano al citofono e scappano. A volte si schermano dietro l’anonimato. A volte no, credono di essere coraggiosi offendendoti con nome e cognome. Io spesso dico che internet è la versione tecnologica e moderna del Bar Sport. Ma non è vero. Al Bar Sport chi insulta rischia un cazzotto. Alla tastiera no. E’ buffo che tutto questo si scateni sui social mentre proprio i social hanno nel nome la radice di socializzare, che vuol dire conoscersi, capirsi, abbattere le barriere. Anni fa decisi di chiudere il mio blog (vecchi e amati tempi quelli dei blog!) perché alcuni, troppi, dei miei corrispondenti non dimostravano sufficiente gentilezza dialettica. E i blog di allora erano dei collegi vittoriani al confronto degli account di facebook di oggi dove ci si parla fra “amici” e ci si prende a male parole. Si potrebbe scegliere di uscirne. Di smettere di frequentare certi ambienti, come avrebbero detto i nostri genitori. Io ho scelto di rispondere con un eccesso di buona educazione. Esageratamente. Quelli che capiscono, capiscono. Quelli che non capiscono si trovano ancora peggio perché non capiscono. Con questo sistema mi sono sempre trovato bene. Mia madre diceva: “Non litigare mai con un cretino. La gente potrebbe avere difficoltà a capire chi è quello intelligente”. E voi? Che sistema usate? La rissa?
Grandiosa idea di Marco Ardemagni, uno dei conduttori di Caterpillar AM. Come si può risolvere la carenza di personale politico italiano? Semplice. Importandolo. Non è proprio una idea originalissima. Lo facevano già i Romani. Comunque…
Eccola: “Approvare una riforma costituzionale che consenta a cittadini stranieri di assumere incarichi di governo nel nostro paese, oppure prevedere iter estremamente abbreviati di concessione della cittadinanza a figure politiche non italiane di rilievo assoluto in grado di assumere incarichi di governo”.
Tutto qui? Spiega Marco: “Nella Costituzione (artt. 92-96) non sembra essere esplicitamente esclusa la possibilità di avere ministri o Presidenti del Consiglio stranieri (diversamente da quanto è previsto per il Presidente della Repubblica)”,
Inoltre: “Un caso internazionale di ministri stranieri si è già verificato in Ucraina nel 2014 (una statunitense, un lituano e un georgiano), ma noi vorremmo che questa eventualità fosse esplicitamente prevista dal dettato costituzionale”.
Marco non fare il tartufon. Io lo so dove vuoi arrivare. “Potremmo così, forse, beneficiare di un’occasione unica e, probabilmente irripetibile, che una fortunata serie di circostanze ci mette a disposizione: avere Angela Merkel come premier.
1) Il prossimo 26 settembre (2021) in Germania si terranno le elezioni federali. Angela Merkel si è già detta indisponibile per un quinto mandato da Kanzlerin. Del resto la CDU è ora saldanente nelle mani di Annegret Kramp-Karrenbauer;
2) Angela da un lato è stanca della politica tedesca, dall’altro ama il nostro paese e vi trascorre spesso le vacanze, in particolare a Ischia;
3) Angela è senza dubbio di gran lunga migliore di qualsiasi politico italiano ci possa venire in mente dai tempi di Alcide De Gasperi (che tra l’altro è morto soli 33 giorni dopo la nascita di Angela, come a dire “adesso posso andarmene in pace, l’Europa è al sicuro);
4) Angela ha dimostrato a più riprese di essere in grado di fare il bene del popolo che guida, ma il popolo che guida non deve essere necessariamente il suo;
5) Non si capisce quale motivo possa consentire a una pippa o a un disonesto di diventare Presidente del Consiglio, purché italiano, mentre non è possibile avere un premier straniero.
6) Angela è ancora relativamente giovane (nel 2021 compirà 67 anni) e il suo caso sarebbe molto simile a quello dei grandi campioni che dopo aver militato per anni in squadre di prima fascia come l’Inter vanno a finire la propria carriera, essendo ancora abbastanza pimpanti, in squadre minori come l’Al-Gharafa in Qatar (vedi il caso di Wesley Sneijder), oppure, come Cristiano Ronaldo, dal Real Madrid alla Juventus”.
Conclude il geniale Arde: “Non sono solito invitare a condividere, ma in questo caso mi sento di suggerirlo, vista l’urgenza del problema. Viva l’Italia, viva Angela Merkel”.
Come si dice nei social, quot: “Viva l’Italia, viva Angela Merkel!”
Il fatto che abbia una moglie e un figlio per metà tedeschi è solo una coincidenza.
Avremmo finalmente un primo ministro di sinistra.
“Viva l’Italia, viva Angela Merkel!”
Ora che i francesi lo hanno eletto “arbitro più bravo del mondo della storia” mi sono ricordato che lo avevo intervistato, nel 2006 , e proprio nell’incipit lo avevo definito “arbitro più famoso del mondo”. E’ la stessa cosa? Non lo so. Penso di no. Anche Moreno era famoso ma mica tanto bravo. Pierluigi Collina, intervistato nella hall di un albergo in Versilia, si rivelò subito un intervistato ideale. Era un misto tra sincerità e voglia di non apparire banale. Cioè voglia di apparire. E me ne disse di belle. Mi disse che sì, da bambino aveva fatto il tifo per la Lazio. Mi disse che sì, era di destra e votava per la destra. Tanto che a scuola lo avevano bocciato in italiano dopo che in un tempa, scrisse la professoressa, “si sentiva puzza di olio di ricino e di manganello”. Mi disse che un bravo arbitro deve essere un po’ folle e che una volta aveva prolungato una partita mondiale, Brasile Germania. per accaparrarsi il pallone. Mi confessò che ai giocatori dava del tu, che se si arbitrano due squadre nordiche bisogna fare cose diverse che se si arbitrano due squadre latine, che con lui arbitro le squadre turche avevano sempre vinto. Io ero convinto che fosse orgoglioso della sua calvizie e invece scopri che sull’argomento, che lo faceva soffrire, non aveva per nulla senso dell’umorismo.Fu sincero anche nel giudicare il gesto di Totti che sputò a un avversario. Disse: «È stato un gesto assolutamente orribile”. Però? “Però non è giusto ricordarsi di quel gesto per sempre”.
SE POI MORITE DALLA VOGLIA DI LEGGERVI L’INTERA INTERVISTA ECCOVI ACCONTENTATI
Pierluigi Collina
Mi era sfuggito. Risale a più di un anno or sono. Come è sfuggito a me può essere sfuggito a voi. E allora ve lo ripropongo. E’ un post scritto da una studentessa di medicina dell’Università di Modena e Reggio Emilia, Virginia Di Vivo. Ha fatto lunghi giri, social, giornali.
Eccolo. Non fate i ritrosi. Leggetelo. Dovete leggerlo. E un post che vi vaccina dalle frasi del cazzo tipo aiutiamoli a casa loro
“Mi reco molto assonnata al congresso più inflazionato della mia carriera universitaria, conscia che probabilmente mi addormenterò nelle file alte dell’aula magna. Mi siedo, leggo la scaletta, la seconda voce è “sanità pubblica e immigrazione: il diritto fondamentale alla tutela della salute”. Inevitabilmente penso “e che do bali”. Accendo Pokémon Go, che sono sopra una palestra della squadra blu. Mi accingo a conquistarla per i rossi. Comincia a parlare il tale Dottor Pietro Bartolo, che io non so chi sia. Non me ne curo. Ero lì che tentavo di catturare un bulbasaur e sento la sua voce in sottofondo: non parla di epidemiologia, di eziologia, non si concentra sui dati statistici di chissà quale sindrome di *lallallà*. Parla di persone. Continua a dire “persone come noi”. Decido di ascoltare lui con un orecchio e bulbasaur con l’altro. Bartolo racconta che sta lì, a Lampedusa, ha curato 350mila persone, che c’è una cosa che odia, cioè fare il riconoscimento cadaverico. Che molti non hanno più le impronte digitali. E lui deve prelevare dita, coste, orecchie. Lo racconta:”Le donne? Sono tutte state violentate. TUTTE. Arrivano spesso incinte. Quelle che non sono incinte non lo sono non perché non sono state violentate, non lo sono perché i trafficanti hanno somministrato loro in dosi discutibili un cocktail antiprogestinico, così da essere violentate davanti a tutti, per umiliarle. Senza rischi, che le donne incinte sul mercato della prostituzione non fruttano”. Mi perplimo.
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No, no, no, no. Non è vero. Non è vero che tra destra e la sinistra non c’è più differenza. Destra e sinistra sono sempre esistite e sempre esisteranno. Quando incontrate uno che dice che destra e sinistra non esistono più, state tranquilli, quello è di destra. E cioè pensa che lo sviluppo sia più importante dell’uguaglianza sociale. Pensa che il Pil sia più importante del Welfare. Opinioni legittime. Ma l’importante è non fare confusione. Poi esiste una destra moderna accanto ad una destra becera e reazionaria. Come esiste una sinistra che guarda al futuro accanto ad una sinistra conservatrice. Una sinistra radical chic ed una sinistra stalinista. Una sinistra intollerante, una sinistra violenta. Esiste una sinistra generosa ed una sinistra egoista. Esistono tante destre e tante sinistre. Ma sempre destra e sinistra sono. Di destra è chi pensa che bisogna dare ad ognuno secondo i suoi meriti, è di sinistra chi pensa che bisogna dare ad ognuno secondo i suoi bisogni. Però è vero che quasi non esiste più differenza tra gente di destra e gente di sinistra, tra partiti di destra e partiti di sinistra. Che esistono persone che passano tranquillamente da destra a sinistra e viceversa. Che si presentano alle elezioni e solo all’ultimo decidono se farlo in un partito sedicente di destra o in un partito sedicente di destra. E’ vero che tu voti per un candidato che dice di essere di destra e te lo ritrovi dopo cinque minuti in un partito che dice di essere di sinistra.
Ecco, questo lo scrivevo qualche anno fa. Le cose non sono assolutamente cambiate. Renzi è di destra o di sinistra? I Cinque Stelle sono di destra o di sinistra? Merkel è di destra o di sinistra? Salvini…No, fermi, questa la so. Ma non vi dico niente. Indovinate voi.