da Primo Casalini, Monza
I raeliani fra un po’ li vedremo da Bruno Vespa, fra l’invidia e le proteste delle altre sette. Il reverendo Moon, dopo il colpaccio con Milingo, è spiazzato. Contro la Grande Sorella non c’è match. E’ l’immortalità, la Grande Sorella. E sì che Jonnathan Swift ci aveva avvertito tutti nel 1726, col suo I viaggi di Gulliver, in cui, fra lillipuziani e cavalli sapienti, inserisce anche l’insopportabile sfiga di una piccola minoranza che nasce immortale. E ce la mostra con una concretezza talmente convincente da meritare la giusta punizione: essere considerato dai più uno scrittore per l’infanzia. Come De Amicis, come Collodi, ed attraverso le pagine sadomaso di Cuore e quelle horror di Pinocchio ci siamo passati tutti. Difatti, siamo un po’ sbocconcellati da quel dì. Qualcuno ha assistito a suo tempo al mirabile (quello sì) Pinocchio di Comencini? Per i bambini, era più angosciante del Silenzio degli Innocenti, ed il lieto(?) fine non racconsolava del tutto. Ma il successo dei raeliani è inevitabile come la morte (appunto); l’argomento è più ghiotto del Tacchino del Thanksgivingday. L’istinto di conservazione andrebbe sublimato in istinto di conversazione, che non è solo il Signora mia!, ma la curiosità rinnovata ogni giorno perchè il mondo delle persone e delle cose cambia, e l’attimo è bello appunto perchè non si ferma. E Giacomo scriveva: Solo aspettar sereno / Quel dì ch’io pieghi addormentato il capo / Nel tuo virgineo seno. Pessimista? Forse, ma a detta di tutti aveva un bellissimo sorriso.
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