da Filippo Facci
Viva gli avvocati. Quante volte ci hanno aiutato (le querele, le grane) e quante volte ci hanno imbeccato (le notizie, le consulenze) e quante volte ci siamo detti che non conoscerne di simpatici è praticamente impossibile: sono troppi. Ma dopo lustri passati, pure, a descrivere le brutture dei magistrati e della giustizia in generale (facendo esercizio di garantismo, come si dice) forse è giunta l¹ora di ammettere che nella palude della giustizia italiana ci sono dentro anche loro. In Italia c¹è una quantità di processi come in nessun altro paese: e se non si riesce a tagliare la quantità di contenzioso, spiace dirlo, è anche per la massiccia presenza dei legali che di questo contenzioso vivono. Ci sono più avvocati a Roma che in tutta la Francia. In Italia c¹è una cosa molto bella e nobile: chi non ha soldi può avere un difensore pagato dallo Stato; il problema è che talvolta si apre un varco tra i suoi interessi e quelli del suo legale. Esempio. Un tizio magari viene condannato con prove schiaccianti e quindi non avrebbe motivo apparente di proporre Appello, anche perché magari è stato condannato al minimo della pena con lacondizionale: ebbene, potete giurare che il suo difensore pagato dallo Stato, il 99 per cento delle volte, proporrà Appello e pure Cassazione: anche se si trattasse di una condanna a dieci giorni per furto al supermercato. Ecco, in Italia i penalisti che vivono anche di questa minutaglia sono tantissimi: processi minimi, robetta poco importante che però, moltiplicata per milioni, rende impossibile il funzionamento non tanto di questo sistema penale: di qualsiasi sistema penale. In Italia il rapporto tra avvocato e cliente può dirsi liberale, ma quando a pagare è un terzo (lo Stato) il rapporto può inquinarsi e perdere autonomia. Difensori d¹ufficio e difensori di fiducia: forse, anche queste, sono carriere da separare.
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