da Gianluca Neri, su Quarantadue
Sono uno spergiuro. Avevo promesso che non sarei tornato a parlare del forum dei lettori di Isabella Santacroce ospitato dal sito de l’Espresso, e invece eccomi qua. Ho resistito a tutte le provocazioni. Anche quando la dark lady tascabile ha ripreso ad intrattenere i propri fan seviziando a morte prosa, grammatica, analisi logica e del periodo: “Prendimi. Stanno uccidendo il marito del piano di sopra. Indossava guanti di gomma nei giorni di festa. Divertilo… Hanno ucciso il cavaliere. Un signore anziano dal gatto in braccio. Abitava la terza porta del palazzo. Ora la sua tv è sempre spenta. Io vivo dentro quella tv… Ieri mattina ho trovato il cadavere della lattaia sulla terza strada a nord. Piangeva. Un cadavere in lacrime. Spero tu possa aiutarla… Hanno ucciso la zia bionda tagliandole i capelli con la lavatrice. Credo sia terribile. Lei ora cammina sul tuo terrazzo… Sono tutti molto stanchi nella casa di fronte svengono. Hanno ucciso il loro canarino e ora si sentono molto soli. Aiutali ad uccidersi… Copertine di Vogue. Foglie già a terra. Tutto finisce. Non inizia mai niente. L’inizio è sempre fine. La fine una spilla… Fottersi e partorire nuovi mostri… La potenza continua a volermi fragile. La mia potenza è isterica moltiplicazione di fragilità… Ho sparato al mattino per intrattenermi. Intrattengo. Ospito. Cerco dentro te stesso. Grido e divento folle quando salgo. Stamattina ho sparato al mattino con la punta degli occhi. Mi ha detto che tutto è terribilmente giusto perché il giusto è terribile. Non credo sia possibile avere dentro poco. C’è sempre troppo dentro. Tutto l’occorrente. Talmente tanto. Bisogna perdere per riuscire ad entrare. Fatti spazio… Allebasi ecorcatnas… L’importante è vivere nel proprio culo. Continua a cercarmi. So che mi stai cercando ma io vivo nel mio culo. Adorata sorella. Piccola sorellina. Svenevolissima ancella. Mio fiore e sangue. Sei risorta… Non penso mai. Penso sempre. Non ho conosciuto lo zio. Era partito. Dicono abiti nelle caviglie di un passante. Sulla destra dell’angolo diagonalmente sinistro spostata lateralmente in alto. Chi si ostina a comprendere. Continuamente. Senza sosta. Tradurre al millimetro. Che tutto sia perfettamente comprensibile. Solitamente solito. Matematica per menti sterili. Alienate. Stupide. La nostra è pura ginnastica. Apprendiamo follia ingoiandola. A morsi. Nuova lingua della stomaco. Geometrie fantastiche. Verità insolubili. Dammi la tua mano destra. Ficcamela in gola. Vomito verità ricomponendola. Odio la falsità. La pareti a proteggere. Esposta al vento. Cerco furore e me ne fotto del dolore. Chi pensa sia posa la mia si sbaglia. Me ne fotto anche di questo. Divoro il fuoco e ritorno. Rimani. Love, Isabella”. Riconoscete almeno questo: leggevo e, malgrado tutto, non sono intervenuto. Ho resistito. Ci ho provato. Almeno fino a quando non mi sono accorto che Isabella Santacroce è un virus contagioso, inesorabile, brutale. Se c’è una kriptonite in grado di fermarla è ora di scoprirla, perché sul suo forum c’è un sacco di gente che non sta bene. Se esiste una scuola per esorcisti, avvisate l’amministrazione di raddoppiare i banchi per l’anno prossimo. E voi, abbiate cura di intraprendere la lettura di “Luminal” o “Destroy” sotto la stretta sorveglianza di qualcuno che possa piantarvi in petto un paletto di frassino al primo segnale di squilibrio. Fate girare questo testo in qualsiasi forma, come una catena di sant’Antonio, concludendo con la rituale frase “terribili cose potranno accaderti se non rispetterai questi consigli”. Se volete, aggiungere qualche esempio attingendo a piene mani dal forum dei lettori della Santacroce: se “Pogue Mahone” ci avesse dato retta non sarebbe mai arrivata a scrivere “Aspettavo automobili veloci motrici guidate da godot distratti”. Oppure: se “Symti” non avesse ignorato l’avviso, ritenendolo poco importante, non sarebbe mai stato posseduto dallo spirito maligno che l’ha spinto a dichiarare “mancano centri gravitazionali che attirino ricerche. Amo visitare musei virtuali senza pagare l’entrata. I miei strilli insistenti diventano un fiume monodirezionale e in atmosfere artificiali mi dico non ci sono suoni per te. Ho abiti in fibra di vetro cancerogena addosso e i miei capelli sono amianto laccato. Scarico ansie su fuochi elettrici e cerco vortici di spirali catodiche. così fredda e spenta di carne pallida osservo display spesso messi a tacere e mi dico non ci sono suoni per te”. Casi da citare, insomma, ne avete a bizzeffe. Da “Moquero” che afferma “Con amore arrivando vibrando arrivando nel nostro altrove. Nel paese delle capovolte sembianze gli scrittori luccicanti non si lasciano scrivere, si descrivono. Il senza nome può arderti. Per molti l’inizio fu la fine della fine fino a finirsi per ricominciare”, a “Ligeia” che si chiede “perchè nel lume della sabbia riluce una cometa nella duna assaltata da predoni dove crudeli cherubini avvolgono fra mantelli di giada dolori mai assolti. Questa è la domanda: in che maniera quelle sopite voglie albeggeranno in quel silenzioso mare di invisibili granelli?”. Prendetela come una missione. “È” una missione. C’è da fare del bene, rododendro, ma a rischio della vita. O dell’emisfero cerebrale sinistro. Il virus – apocalisse infangata bramante lapidi – è in agguato e non risparmia nessuno. Sta a noi – vedo grondaie appassite di luce azzannarsi per un posto in prima fila dentro la cornice – divulgare informazioni necessarie per la prevenzione. Hanno stuprato il giardiniere mentre beveva il latte. Ora annaspa nell’inchiostro che cola da vene inconsapevoli. Mi raccomando, ripeto: una missione. Oggi sono blu. Ho spalmato la tua milza su un crostino, amore ingannevole ingannato. Sparisci. Ho respirato le mie lacrime mentre vagavo tra ruote di criceti nel museo delle intenzioni perdute. Genuflessioni languide di sigarette appena accese mi bruciano dentro il colon. O è appendicite? Stamattina la bottoniera dell’ascensore mi guardava. Ora cammino in bilico sul bordo sanguinolento dell’aiuola. Mi scappa la cacca. Rimanete. Love.
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