da Primo Casalini, Monza
Nella multinazionale, onusta di bytes e di ingegneri, un giorno il boss disse: “Un ingegnere raramente è una testa di cazzo; ma se lo è, lo è da ingegnere: al 100%”. Non pensate al governo, e comunque non sto alludendo a Lunardi. Ed alla facoltà di ingegneria di Bologna, appena fuori porta Saragozza, un mattino apparve la scritta: “Gli uomini si dividono in due categorie: quelli che fanno l’amore e quelli che fanno ingegneria”. Poichè ci leggono anche delle signore, tralascio le scritte che alcuni di noi tracciarono sulle mura degli aspiranti architetti, chiari mandanti della mala opera. L’ingegnere è il marito, l’amante è il medico, non c’è remissione. Un marito risparmioso, operoso in casa e fuori: che sant’uomo, ma che tormento! Epperò il rapporto ingegneresco con la sintassi e la grammatica è generalmente buono. Certo, ci sono le venerate icone di Musil, Gadda e Dostoievski (pure lui…), ma gli è che un errore grammaticale o sintattico li disturba come un lampadario montato scorrettamente. Sono infatti assorti nel serio compito di cui si son fatti carico: rallentare la crescita dell’entropia, che è come dire allungare la vita dell’universo. Vi par poco?
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