ROBERTO BENIGNI. Si giustifica per il fatto che il suo film è distribuito dalla Medusa, società della galassia Berlusconi. “Ma allora se viviamo così, uno se ne va via, oppure esce fuori e spara. Si va al manicomio proprio su questa cosa. Allora uno non può andare al cinema, non può andare a vedere il Milan, non deve andare a comprare un panino alla Standa”. Benigni faccia quello che vuole ma sappia che alla Standa può comprare tutti i panini che vuole, ammesso che glieli vendano, tanto non è di Berlusconi.
ERIBERTO. Il calciatore del Chievo è stato squalificato per sette mesi per aver falsificato i suoi dati anagrafici. Il suo avvocato Marco Bisagno ha dichiarato: “Un affronto al calcio”. Ma va? Ecco dove ci porta il previtismo. Un borseggiatore viene beccato sul fatto e insulta i carabinieri: “Vergognatevi!” Un assassino viene condannato e indice una conferenza stampa: “Non se ne può più di questa giustizia” Vien quasi da rimpiangere quei simpatici campi di rieducazione delle guardie rosse.
ANTONIONE. Il coordinatore di Forza Italia ha raccontato una volta: “Quando Berlusconi mi chiamò, un sabato pomeriggio, risposi di sì prima ancora di sapere che cosa volesse. Se Berlusconi mi chiama io rispondo sì”.
ROBERTO CALDEROLI. Il vicepresidente del Senato contro chi commette reati come l’assassinio di Desirée istituirebbe la castrazione. Chimica o fisica non importa. Nel caso suo ci vorrebbe la decapitazione.
MARIA DE FILIPPI. Alla trasmissione del marito, quando Maurizio Costanzo chiede ad un discreto parterre de roi: “Chi di voi è stato raccomandato?”, alza prontamente la mano. L’unica. Quanto mi piace quella donna!
AMEDEO DI SAVOIA. Non si capisce bene se vuole fare il Re, il premier, il presidente della Repubblica. L’unica cosa certa è che vuole scendere in campo. Cinquantanove anni e undici tatuaggi sparsi sul corpo, Amedeo di Savoia ha lanciato anche il Patto dei patrioti. In un crescendo inarrestabile ai confini del delirio ha dichiarato: “Se il popolo italiano dovesse chiedermelo sarei pronto anche ad assumere le mie responsabilità dinastiche. Mi piacerebbe dare il mio nome a questo movimento.Perché se diventassi capo dello Stato preferirei essere eletto direttamente dal popolo”.
Claudio Sabelli Fioretti
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