Sergio Pilu, periferia di Milano
Caro Casalini, non è bello dileggiare gli “Arcadi da weekend”, e la generalizzazione non fa onore alla sua intelligenza. Si vive in un posto per tanti motivi: perchè ci si è nati e si sente un legame con il luogo, perchè non si è troppo lontani dal posto di lavoro, perchè si è figli unici e non ci si vuole allontanare molto dai genitori che – ahinoi ed ahiloro – invecchiano, perchè ci si è fatti degli amici nel condominio, perchè si apprezza il poter arrivare nel centro di una grande metropoli con venti minuti di metropolitana, e così via. La vita, beh, un po’ ce la costruiamo noi, ed un po’ si costruisce da sola. Sono nato e cresciuto e vivo a Milano, e ne sono contento. Al tempo stesso, amo la natura quel tanto che basta a farmi apprezzare le colline della Brianza, le montagne del Trentino, i campi coltivati del Parmense, i boschi della Barbagia; apprezzo persino l’acquario di Milano, pensi lei. Con la natura e le sue diversissime espressioni ho un rapporto paragonabile a quello che ho con i libri, od il cinema: non potrei vivere senza, ma non potrei nemmeno vivere leggendo Marquez o guardando Altman per ventiquattro ore al giorno. Tutto lì. Mezza giornata in una cascina, il piacere di vedere un gregge e sorridere della sua incongruenza rispetto all’ambiente urbano che sta attraversando: tento di mantenere un equilibrio, facendo l’Arcadio da weekend, e tutto sommato non mi lamento. Pensi, riesco anche a liberare Milano per fare un po’ di spazio a lei.
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