da Primo Casalini, Monza
Facci, anche se Sabelli Fioretti non mi ha detto niente, sono riuscito a sapere quello che lei voleva che mi dicesse: sono andato sul sito ed ho letto il suo messaggio. Semplice, no? Anzitutto la tranquillizzo: non sono nato a Monza, ma vi sono immigrato da Parma più di quindici anni fa. In tal modo lei può dire di essere nato a Monza senza purtroppo. Vedo che almeno su un punto la pensiamo uguaglio: Giuliano Ferrara, ma definirlo punto è un po’ riduttivo. Grosso Mastro, e lenza, sibbene grossa, non visibile a tanti boccaloni. La battaglia perchè l’Italia non sia Sudamerica è già stata vinta dal Brasile, le cui modalità di informazione televisiva e di confronto fra i candidati mi sono parse simillime a quelle dei paesi di Schreder e di Bush, non al paese di Berlusconi. Piacere a trecensessanta gradi sarebbe il più biagesco dei segnali? Non del tutto: il giornalista in quistione ad esempio non c’è riuscito ed ha ricevuto un segnale bulgaro. Le pressioni le riceviamo tutti, Facci, anche senza essere giornalisti, nel lavoro, nella famiglia, dovunque. E si addiviene ad un compromesso ogni giorno rinnovato in cui è difficile, ma possibile, raggiungere lo scopo ultimo, che è quello di potersi ogni sera guardare nello specchio e fruire di un piacevole e non menzognero narcisismo morale. Il tono furibondo del suo ultimo scritto mi assicura che tale impresa è alla sua portata. Il tono, non gli argomenti. Perchè fra que’ prepotentacci di Mani pulite e que’ birichini di Tangentopoli continuo, cocciuto, a vedere una qualche differenza. Le dò un motivo: la corruzione, la concussione, l’evasione, l’elusione, nelle percentuali italiche, sono un possente ostacolo ad ogni sviluppo che non sia enfiata vescica mediatica. In questi giorni, tanti se ne stanno accorgendo. A loro spese.
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