da Carlo VIgnato, Nanto (VI)
Conosco quello che dice la Costituzione sulla libertà di stampa (l’art. 21), ma non conosco le altre leggi che disciplinano questa materia perciò ti chiedo, se li hai, di pubblicare i testi di tali disposizioni. Mi sembra giusto affermare, tuttavia, che quando si esercita la libertà di stampa, si debba quantomeno rispettare il limite imposto dal rispetto della dignità altrui: la Costituzione garantisce la libertà di espressione del pensiero, ma assicura anche il diritto di “agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi” (art. 24, Costituz.). Se qualcuno ti querela perché si sente diffamato da un tuo articolo e il giudice gli dà ragione, significa che hai scritto qualcosa di offensivo nei riguardi di un altro cittadino. Se, invece, ti prendi una querela e il giudice dà ragione a te, come nel caso che ti riguarda e che hai citato come esempio, significa semplicemente che non hai offeso nessuno e la giustizia te lo ha riconosciuto. Qual è il problema?
Il problema è l’abuso che si fa delle querele a scopo intimidatorio. Abuso che ha la sua efficacia perché di fatto rende più timidi i giornali italiani (che già sono timidi abbastanza). Per non parlare delle querele fatte da magistrati che vengono giudicate da loro colleghi. Per non parlare della cause civili che avvengono di fatto nel segreto di un ufficio e nella maggior parte accertano se tu hai avuto effettivamente un danno non se la notizia pubblicata è giusta. Io sono dell’opinione che ogni notizia falsa vada riparata con la notizia giusta data con lo stesso rilievo. Cosa che estingue il reato. Solo in caso di rifiuto scatta il reato. (csf)
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