da Primo Casalini, Monza
Il nocciolo della questione lo colse bene Mastro Ferrara. Ai tempi della pasta Cunegonda disse, pressapoco, che la pubblicità deve potersi rivolgere a trecensessanta gradi, e che quindi non deve essere inquinata da considerazioni politiche. Appunto. Come ognun sa, apprezzo gli anglosassoni. Le aziende, in specie quelle produttrici di beni di largo consumo, ci stanno molto attente. Perchè un giorno ci può essere la dichiarazione fuori dalle righe contro una minoranza etnica o politica, un altro giorno finanziamenti strani dati per per motivi strani, oppure ragazzini alla catena di montaggio in qualche paese del quarto mondo. Il sistema funziona non perchè è gestito da angeli, ma perchè c’è la mossa e la contromossa. Le aziende sentono il fiato sul collo di una opinione pubblica, non formata da angeli, che può metterle nei guai. Quindi, si regolano di conseguenza non a cose fatte, ma in anticipo. Ma noi non viviamo in un paese anglosassone. Il forum di Repubblica sulla pasta Cunegonda fu chiuso prima che fossero passate 48 ore dalla pubblicazione dell’articolo di Umberto Eco. Arrivavano tre post al minuto, di giorno e di notte. Gli imprenditori avveduti lo sanno bene e magari gradirebbero avere alternative pubblicitarie che non hanno. Tocca passare sotto le forche caudine di Rai-Mediaset. Non chiedo ai leader del centrosinistra di impugnare la bandiera di Cunegonda; mi permetto di insinuare che Bruno Vespa non l’ha ordinato il medico, come dimostra la popolarità di Cofferati, quello snobbone che non frequenta salotti in finta pelle. Ognuno spenda i suoi soldi come vuole, e lo dica pure in giro, se vuole. E’ la democrazia, bellezza.
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