Finiamo nella Mellah, ex quartiere degli ebrei, dove passiamo tutta la mattina a trattare con Mor, nel suo negozio, per un kilim e quattro collane. Spossati partiamo per Marrakesh. Ripercorriamo la strada dell’Alto Atlante, soliti venditori di falsi fossili. La sera siamo nella nostra casetta, quella dell’amica Chiara e ci concediamo l’ultimo colpo di estremo lusso, la cena nel Jardin de la Medina, quasi 50 mila lire l’uno, roba da nababbi. Le due settimane stanno per finire. L’impressione generale è quella di un Paese ben governato, che ha saputo fare con coraggio e coerenza le sue scelte di politica economica, basandosi soprattutto sul turismo, ottime strade e ottimi alberghi, prezzi bassi. Ma non sono certo quindici giorni quelli che ti possono aiutare a capire veramente. Trent’anni or sono, quando venni qui la prima volta, nelle stesse zone, c’era molta più evidente povertà. Domani partiamo. Ali Babà e les trois gazelles prendono l’aereo che li riporta a casa. Torniamo da veri turisti, con tappeti, spezie, cocci, datteri, palandrane, collane, anelli e orecchini. I commercianti marocchini sembravano contenti di noi. Siamo stati qui 15 giorni. Come mai ho scritto solo 11 Diari Marocchini? Boh.
Claudio Sabelli Fioretti
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