da Valeria Garabello
Un detto calabrese, che spesso ricorre a casa mia, è: a Roma si non mangi carne, vivi brodu. Che significa: a Roma qualsiasi cosa tu faccia, non ti può fare che bene (se non mangi proprio la carne del bollito, vivi del saporito brodo prodotto dallo stesso). Che facciamo oggi tesoro? si va a trovare la gatta dell’omonima via o a palazzo boncompagni con quegli incredibili custodi gentili e disponibili? tra i colori e i profumi del roseto o alla villa dei quintili da poco restaurata? a pedalare sull’appia antica, a piedi fino a Trinità dei monti – premio finale: tartufo di Ciampini con vista sul cuppolone, o semplicemente alla villa sotto casa tutta giallo-rossa (mi dispiace claudio, i colori del sole e dell’autunno questi so’) a riscaldarsi il cuore in attesa dei rigori invernali? Elenchi casuali di splendidi weekend-“vivi brodu” romani, spesi nelle mollezze della roma migliore, quella di quando i più migrano per altri lidi e noi si rimane beatamente soli (noi e trecentocinquantamila giapponesi al secondo), a godere di una città in cui non ci accorgiamo quasi mai di vivere. Casalini non è vecchio, Claudio. Lui è semplicemente uno che ha capito. I termosifoni al posto di prete-suora sono una conquista di civiltà. Bello sì andare in campagna e scaldarsi con l’irriverente accoppiata. Ancora più bello però tornare in città e godere delle sue virtù.
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