da Primo Casalini, Monza
Una volta c’erano i Gesuiti. Talmente fedeli al Papa da dire dieci anni prima quello che il Papa avrebbe detto dieci anni dopo. Preti col Master (quattro anni di studio in più). Scrittori, pittori, matematici, scienziati. Leggete Daniello Bartoli, se non l’avete già fatto. Donavano orologi all’imperatore della Cina, ma gli orologi li costruivano loro, non li compravano in via Condotti. Confessori di re e di regine, nei periodi in cui avevano molto da confessare, poi arrivavano i giansenisti. Globalizzatori: India, Cina, Giappone, Brasile, Paraguay, dappertutto. Odiatissimi: le pagine più belle Pascal, Saint-Simon, Stendhal le hanno scritte contro di loro; non le avrebbero scritte, altrimenti. Comunicatori straordinari, con gli Esercizi Spirituali (altro che omelie!) e gli affreschi dei soffitti delle chiese. Santi Urso dimentica D’Alema guardando il soffitto del Gesù o quello di Sant’Ignazio. Cacciati dai giapponesi, dagli Asburgo e dai Borbone. Ringhiosamente antisemiti e martiri a Nagasaki ed ad Auschwithz. Terribile grandezza, insomma. Oggi abbiamo questi qui, con i loro ombrelli bianchi in Piazza S.Pietro e che convertono quelli degli attici, lasciando le portinaie ai testimoni di Geova. E vabbè. Sono tempi così.
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