da Michele Ainzara
Vede com’è strana la vita? L’atmosfera bucolica che lei mi ha descritto, e che a me fa sorridere e mi fa stare bene perché in fondo, non nomade, ma la terra è il tipo di vita che mi attira di più, avrà fatto venire i capelli dritti alle persone che sono rimaste attratte da un altro particolare: la crescita degli affari dei pastori grazie al commercio coi musulmani. Niente di grave, di per sé, ma pensi solo alle campagne di dissuasione che partono ogni anno nel periodo di Pasqua, atte a prevenire la gente dall’acquisto di agnelli, che muoiono a decine di migliaia per finire sotto i nostri denti. (Per carità, sono un epicureo senza rimedio, per cui non mi faccio in là di un millimetro, ma provi a chiedere a cento cattolici se sanno perché a Pasqua si mangia l’agnello, e sentirà le risposte più divertenti). Pensi ancora che questo commercio avviene coi Musulmani poi, che ammettono la macellazione degli agnelli solo attraveso sgozzamento e morte per dissanguamento. Come vede, nel suo panorama bucolico e paradisiaco ci sono i semi di una strage, che si consuma quotidianamente. Certo, ciascuno fa gli affari che preferisce e crede, ma altre persone là fuori potrebbero non concordare con la sua (e anche mia) visione del rapporto fra uomo e natura.Provi a fare un paragone: ottocento persone chiuse in un teatro che aspettano il loro destino, consapevoli che qualcosa accadrà, ma qualunque cosa sia, sarà una tragedia. Immagini la paura, la tensione, la disperazione, la fine dei loro sogni e delle loro speranze, l’amara sensazione di essere coinvolti in una vicenda in cui non c’entrano niente, trattati come carne marcia, perché tanto sono già morti. Poi improvvisamente entrano le bombe, la paura si accresce, i morti aumentano a dismisura per ritorsione, le conseguenze dei salvatori sono più o meno gravi di quelle dei rapitori. Ma su ottocento, ne escono vivi più della metà, un buon risultato, anche se non si sa ben se, una volta fuori dall’ospedale, torneranno quelli di prima. Ora immagini, invece, di avere tre anni, e di essere seduto su un prato a giocare tranquillamente vicino ai suoi genitori, in mezzo ai suoi amichetti. Improvvisamente arrivano due persone che prendono i suoi, li ribaltano con la schiena a terra e li rasano a zero (lei avrà certamente assistito alla tosa delle pecore, e fatta in fretta non è così bucolica e lascia tracce evidenti), dopodiché qualcuno la prende, le taglia la gola e la fa morire dissanguato. Tutte le sue speranze e i suoi sogni di bimbo di tre anni diventano niente, spariscono nel corso di interminabili minuti, in cui il suo corpo si fa sempre più freddo e un lento e doloroso torpore si impadronisce di lei, mentre lei spende le ultime energie della sua vita urlando, per quanto si possa con la gola tagliata, in cerca di aiuto. Attenzione, non voglio fare l’apologia degli ecologisti a tutti i costi: come le accennavo il mio stile di vita ha fra le priorità più importanti la tavola e la gioia del palato. Volevo solo riagganciarmi alla sua domanda finale, che ritengo a questo punto retorica: la violenza è nel nostro DNA?
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