da Primo Casalini, Monza
Oggi mi sono svegliato filologo. La colpa è di Tettamanzi, che ieri, nel suo lungo discorso (che chiamano omelia, chissà perchè) ha usato anche lui il termine “intrapresa”. Non credo che derivi da Sant’Ambrogio. Allora ho sollevato il Palazzi-Folena, ed è già una intrapresa, e mi sono documentato. Di intrapresa dice poco, mentre dice molto di intraprendente, che è un termine ambiguo: può significare ardito, attivo, ingegnoso, ma può anche significare arrivista, impiccione, sfacciato. Poi sono andato a vedere il termine “impresa”, ed andiamo molto meglio: “azione di ampia portata che presenta rischi e difficoltà e richiede impegno”. La mia laurea in ingegneria, ad esempio, è stata una impresa. Anche stabilire un buon rapporto con i condomini. E pagare il mutuo della casa. Nessuno chiede ad un amico: “In che intrapresa lavori?”. Semmai ditta, azienda, bottega. Ma siamo il paese dell’italianorum. Per cui in Italia “padronato” non lo dice neppure Agnoletto, mentre in Francia quella che noi chiamiamo Confindustria, pardon Confintrapresa, viene chiamato “patronat” da tutti. Con la stessa logica, perchè c’è una logica, gli evasori abituiamoci a chiamarli “non paganti”. Accetteremo più facilmente il condono.
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