da Nantas Salvalaggio
Caro Claudio, ti ho inviato il romanzo ‘da rogo’ ‘O bella Signora’. Perché tu ti faccia un’idea, sia pure vaga e superficiale, trascrivo dalla quarta di copertina: Con una sentenza degna di Don Rodrigo, il grande editore decretò che il tomanzo ‘O bella Signora’ di Nantas Salvalaggio “non andava pubblicato né ora né mai”. Eppure il grande editore aveva già stampato in Italia e ceduto all’estero venti romanzi e racconti del Salvalaggio medesimo. Questa è la lettera con la quale si giustificò il rifiuto del romanzo: “Ho letto ‘O bella Signora’ e mi sono assai divertito. Trovo che sia un romanzo al tempo stesso anomalo e tipico della tua vena più lieve e corrosiva… Purtroppo in questa tua ultima narrazione c’è una sottile vena blasfema, bonaria quanto si vuole, ma ho l’impressione che la nostra Casa Editrice, anche per i suoi aspetti più ufficiali, non sarebbe la più adatta a pubblicarla.” Qualcuno si stupirà che nel terzo millennio, 250 anni dopo l’Enciclopedia di Diderot e il ‘Candide’ di Voltaire, si possa scomodare un libro ‘corrosivo’, solo perché la Casa Editrice stampa l’opera omnia del Sommo Pontefice. Tuttavia l’autore non s’è lasciato prendere dallo sconforto e ha imitato quel cocciuto contadino tedesco che, vessato dal Principe, s’era ribellato dicendo: “Ci sarà pure un giudice a Berlino!” Un giudice-editore c’era anche a Roma. E così il libro esce finalmente dall’ombra.” Non per darmi delle arie, caro Claudio, ma anche Carducci mi ha telefonato la sua solidarietà.
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