MI COMMUOVO PER CAPANNA da Marco Brando
Accipicchia, tra te e Capanna mi fate commuovere (vabbé che io mi commuovo anche guardando “ET” e “Torna a casa Lassy”…). A parte gli scherzi, non sapevo che fossi finito a Lavarone. Mi sa che questa sinistra ci spinge sempre più ai margini: io sono finito in mezzo alla Murge con tre cani e due gatti + la mitica “donna della mia vita”. Peccato che io non abbia, come te e Capanna, ricordi netti del ’68. Ricordo solo che ero in prima media, a La Spezia, quartiere Migliarina. Un giorno quelli di terza fecero sciopero, mandando al preside la copia, vagamente riscritta, di un volantino che aveva diffuso l’Istituto Nautico. Il preside li sospese tutti e la “rivoluzione”, nel cortile della Scuola Media “Ubaldo Formentini”, finì così. Poi ricordo mia sorella, classe 1948, in eterna lite sociopolitica con i miei: fu prelevata da mia zia nel corso dell’occupazione del Liceo Classico di Sarzana. Allora avevo solo 10 anni. Invece ho ricordi netti degli anni intorno al ’77, tra Pavia e MIlano. Ero uno studente universitario. Tra tanti casini, il ricordo più netto è quello di una lettera: me la scrisse una mia amica che studiava in Toscana. In un freddo giorno d’inverno fiorentino un suo amico col look del militante dell’Autonomia le lasciò una pistola. Le disse: “Falla sparire”. Poi sparì lui. Lei, nella notte, si diresse verso l’Arno e la buttò in acqua. Sono stati anni, in fondo, più tristi e violenti. Solo i nostri vent’anni (miei e dei mie coetanei) allora ci aiutarono a sorridere, ci aiutarono a indignarci.
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