da Pino Scaccia
Personalmente non sono rimasto sorpreso. Adesso Bush lo ha ammesso: “Mi avevano avvertito prima dell’11 settembre”. Ma bastava ragionare un po’, spezzando l’emozione, per capire che era impossibile non sapere. Il 13 settembre, due giorni dopo, sul “Boston Globe” escono due pagine in cui sono ricostruiti passo dopo passo i movimenti di tutti e diciannove i dirottatori. L’ultimo mese, nei particolari, compreso il bar dove Mohammed Atta ha trascorso il brindisi d’addio alla vita. E poi quella sua faccia ripresa sorridente all’ultimo passaggio prima dell’aeroporto Logan: immediatamente rintracciata (e somigliava poco alle foto segnaletiche) fra , presumo, migliaia di fotogrammi. E poi quel diario, il testamento del terrorista ritrovato in quel cumulo infinito di rovine. Mi spiego: Mohammed Atta, come gli altri dirottatori, erano seguiti, da tempo. Ma nessuno li ha fermati. Di loro si sapeva proprio tutto, dal momento in cui hanno messo piede negli Stati Uniti. E non poteva essere altrimenti, senno’ addio Cia e addio Fbi: addio, cioe’, la certezza (e anche il conforto) di essere garantiti. Non resta che capire perche’ non e’ stato evitato il giorno che ha cambiato il mondo.
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