Mi segnala un lobbista l’editorialino di Massimo Gramellini sulla Stampa. Lo propongo anche a voi. (csf)
Come tutti gli anni, anche l’altro ieri il signor Claudio D. si è alzato nel cuore della notte per scrivere una lunga lettera d’amore alla sua Cristina. L’ha finita alle prime luci del mattino con la formula tradizionale: «all’alba del 1826° giorno», tanti ne sono passati da quando lui e la moglie non stanno più insieme. Poi è andato al giornale, a dettare la lettera per la pagina dei necrologi. Claudio scrive a Cristina a ogni anniversario, e anche a Natale: per farle gli auguri. Gli ultimi gli sono costati 12 milioni, che strappa alla pensione mese dopo mese, rimediando qualche lavoretto e risparmiando sui denti (se li dovrebbe curare), sul cibo e persino sulla luce. Non importa: deve far sapere a tutti quanto meravigliosa fosse la sua donna. Quando lei se ne andò, al termine di una malattia, lui era uscito a fare la spesa e non riesce a perdonarsi quell’unico appuntamento mancato. Le parole che non le disse allora, gliele ripete adesso: «Amore mio, potrò io donarti gli ultimi miei respiri per farti respirare anche per un istante aria e sorsi della nostra vita trascorsa?».La storia mi è stata segnalata dalle tante lettrici che ogni anno ritagliano le sue parole e se le infilano nel diario, sognando che sia stato il loro uomo a spedirgliele. Una colletta per la prossima lettera di Claudio sarebbe un pensiero grande. Ma scriverne una noi, di lettera, e metterla sotto il cuscino delle nostre donne domattina, finché sono ancora vive, è uno di quei gesti che da soli valgono sei camion di mimose.
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