Ho questa teoria. Il vero nemico di chi ha ucciso Marco Biagi è il sindacato e in particolare la Cgil. Dal punto di vista strategico, gli obiettivi degli assassini misembrano piuttosto chiari: indebolire la Cgil che in questo momento si pone come guida della protesta sociale e trovare consenso negli ambienti più inclini a forme di lotta violenta e antidemocratica, in modo da rafforzare il terrorismo. Il guaio è che l¹obiettivo è stato perfettamente raggiunto. I sindacati “abbasseranno i toni”, la sinistraantagonista verrà isolata come “brodo di coltura” dei terroristi, la sinistra riformista verrà sospettata di contiguità non appena abbozzerà un girotondo. E alla lunga passerà anche la piccolissima riforma dell¹articolo 18, che dal punto di vista pratico vuol dire pochissimo (le imprese lo hanno già bell¹e riformato con il ricorso selvaggio ai contratti a tempo determinato o con i famosi “cococo”), mentre dal punto di vista sindacale ha un¹importanza grande, benché meramente difensiva. La tutela del posto dilavoro è il collante che tiene uniti gli iscritti al proprio sindacato nelle grandi imprese, serbatoio fondamentale del tesseramento, ancorché numericamente in declino.Ho letto gli articoli di Biagi che hai intelligentemente messo in rete, ho ascoltato due sue interviste. Mi hanno copito la logica, la competenza e la decisa mitezza. Ma nella mia modestia – ero e resto in disaccordo con lui su molte questioni. Se non lo avessero ucciso, gli chiederei: professore, ma non le sembra che in un momento come questo e con un governo come questo, con la lesione continua di fondamenti costituzionali come l¹uguaglianza davanti alla giustizia, la scuola pubblica, il diritto a un¹informazione pluralista, non sia il caso di affrontare il tema del diritto al lavoro da un¹altra prospettiva e con altri compagni di strada? (so che una domanda delgenere non dovrebbe essere rivolta a un tecnico, ma Biagi non si esprimeva solo come tale e questo emerge chiaramente dai suoi articoli).
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