da Lorenzo Mazzuccato, Padova
Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese deve dichiarare guerra ad Israele; formalmente e attraverso un pronunciamento del parlamento palestinese. Lo status di guerra ufficialmente dichiarata, non più strisciante, a parte provocare un certo numero di vittime – comunque presenti, quotidianamente – garantirebbe nel giro di qualche giorno lo scongelamento dei rapporti internazionali. Nessuno potrebbe più accusare i Palestinesi di terrorismo in presenza di una vera e propria guerra di Liberazione, dichiarata e proclamata. Yasser Arafat potrebbe in tal modo riconsolidare la sua autorità, scacciando i fantasmi di una fine ormai imminente. Non per sé, ma per il suo popolo, con tutto quello che ciò significherebbe per decenni, per generazioni. Attorno alla dichiarazione di una guerra di Liberazione, ritornerebbe alto il livello di controllo militare delle milizie regolari palestinesi sulle altre organizzazioni (Hammas, ecc.), attualmente tutte in lizza per la successione ad Arafat, e pronte a scatenare guerre intestine per questo. L’Onu, l’Ue, gli stessi USA sarebbero investiti della urgente necessità d’intervenire con forze d’interposizione neutrali, per dividere i belligeranti. Si chiarirebbero in modo radicale anche certe critiche situazioni all’interno d’Israele. Per alcuni giorni, forse per qualche settimana, sarebbe la guerra di Davide contro Golia. Tuttavia, ad Arafat e al popolo palestinese non rimane altro da fare. Giungono scadenze inderogabili: nella vita degli individui e nella sopravvivenza dei popoli e delle culture.
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