da Pier Luigi Baglioni
Fin dai primi giorni il comportamento del padre di Erika mi ha stupito e sgomentato. Non riesco a capirlo. Il rapporto genitori-figli ha vincolo di sangue, è vero, ma credo che tale vincolo non possa né debba sopprimere ogni considerazione etica o penale che sia. L’indulgenza deve avere dei limiti: Se il figlio sbaglia si deve dirglielo, non compiacerlo solo perchè è figlio. Per esempio, a Erika, porrei questa precisa domanda: “Ammesso tu l’avessi fatta franca mandando in galera due albanesi innocenti; come avresti potuto vivere nella tua casa con quel peso sulla coscienza?” Mi sembra nessuno abbia sciolto questo nodo esiziale. Né lei e neppure il padre. Riguardo al giudizio e ai giudici che dire? Hanno posto la sentenza sulla capacità di intendere il ‘bene’ e il ‘male’ da parte degli assassini. Ma la giustizia non è un problema etico: è questione di leggi. Ad ogni reato, cioè infrazione della legge, la sanzione è prevista dai codici. La discrezionalità della graduazione, tra massimo e minimo della pena, deve rapportarsi alla gravità del crimine. Crimine massimo, pena massima. Reato minimo, sanzione al minimo. Ora, ditemi voi se esiste un crimine più grave che assassinare a freddo, con premeditazione, a coltellate, madre e fratellino?
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