da Lucia Oddirespighi
La tesi dell’avvocato di Licio Gelli era illuminante. “Ma quale golpe? Gelli aveva tutto l’interesse a mantenere lo statu quo ante!”. Difatti l’Italia sconta da sempre i suoi non-golpe, per dirla democraticamente, le sue mancate alternanze di potere. Un Paese bloccato in tutti i sensi. Economicamente, con un capo del governo che per primo non innesca la circolazione del denaro, dandoselo a se stesso, o meglio fingendo di darselo, in un balletto societario di produttori e distributori sempre a suo nome (il resto è oligopolio da primissima Repubblica). E bloccato pure culturalmente, con una sinistra buonista che per mancanza di spegiudicatezza (Craxi ne ha abusato e loro diffidano di questo valore storico della sinistra) celebra aprioristicamente i suoi miti, col risultato che ogni progetto è affidato a Renzo Piano o Gae Aulenti, ogni rassegna cinematografica a Pontecorvo o Maselli e così via, senza ricambio generazionale. Sbaglia dunque Paolo Franchi sul Corriere a sostenere che la Sicilia non è più un laboratorio elettorale: nella patria del gattopardo hanno capito benissimo l’antifona e mantengono le cose come stanno. Al perfetto passo coi tempi.
Nessun commento.
Commenti chiusi.