Sono a Trinidad, citta’ magica e la maggiore magia si trova in Plaza Mayor, naturalmente. Una citta’ coloniale, talmente bella che l’Unesco l’ha dichiarata “patrimonio dell’umanita’”, citta’ da proteggere. Speriamo che ce la faccia a proteggerla ma per sicurezza vi consiglio di venirla a vedere subito, prima che si deteriori. Le strade sono costruite con grossi ciotoli, le case sono quelle dei secoli scorsi, da ogni cortile, da ogni locale, da ogni casa escono fiumi di salsa e di musica tradizionale. Dalle strade si possono vedere gli interni delle case protette solo da grandi grate di ferro battuto. E si vedono le vite umili dei campesinos che si riposano sulle sediea dondolo, guardando la televisione, in vecchi e sontuosi locali arredati di mobili antichi e preziosi. I palazzi piu’ monumentali sono stati trasformati in musei (il museo romantico, il museo archeologico, il museo storico, il museo architettonico). Attorno alla Plaza Mayor la musica non smette mai, soprattutto sulla scalinata della casa della Musica dove praticamente io bivacco alternando il solito mojito al cocktail locale, la canchanchara, o qualcosa del genere (lo faccio per omaggio alle tradizioni locali: il mojito resta il migliore). Ogni gruppo che suona ti vende il suo CD e io li compro tutti, mi sembra una specie di tassa dovuta alla musica cubana, ormai ho lo zaino pieno di Yolanda e di Chan chan. Uno dei ragazzi cui ho dato un passaggio, Yoneisy, mi fa da guida. Ma il suo mestiere e`il guardiano di notte di un parcheggio di camion e non sa nulla della sua citta’. Io me lo trascino dietro e gli spiego tutto. Finisco anche, affascinato dal nome, nel Templo de la santeria. Un grande panzone (El santon Israel) mi fa la “consultasion”. Dice che ho l’ansia, che in casa mia hanno problemi di diabete, di circolazione del sangue nelle gambe, che io ho problemi allo stomaco a causa dello stress e del troppo lavoro. Io, da grande laico, non credo che un santon Israel possa leggermi dentro, sbattendo per terra una ventina di conchigliette. Pero’ ci ha beccato su tutto. Allora io gli chiedo: “Quando moriro’?”“Questo lo sa solo Dio”, risponde il furbastro. La sera Yoneisy mi porta in una casa particular (la risposta privatistica all’economia centralizzata comunista) a mangiare aragosta. Per lui sembra la prima volta. Guadagna come tutti gli operai cubani 120 pesos, l’equivalente di 5 dollari. L’aragosta costa dieci dollari.
Claudio Sabelli FiorettiDa Cuba, undicesimo giorno
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