Inizio del viaggio per Cuba. Lascio l’Avana sull’autopista, l’autostrada per l’est. L’autopista e’ un mondo a parte, un microcosmo. Incontro biciclette contromano che trasportano baschi di banane larghi due metri, carretti trainati da mucche e cavalli, trattori che fanno acrobatiche conversioni ad U, passaggi a livello incustoditi. Sui bordi ci sono anche case con orti, cani, galline che scorrazzano, venditori di formaggio, di dolci e di cipolle in mezzo alle corsie, distese di riso messo ad asciugare sulla corsia di destra. E soprattutto autostoppisti sulla corsia di sorpasso, alcuni sventolanti dollari o pesos, che si sporgono imploranti fin sotto alla macchina. Per trovare l’ingresso dell’autopista e’ stata un’impresa alla quale mi sono arreso fino all’arrivo di Omar, un gigante di colore che mi ha portato fino all’autopista in cambio di dieci dollari. Sull’autopista decido di non dare passaggi. Poi ad un certo punto mi ferma perentoriamente un poliziotto. Apre lo sportello, butta dentro una borsa, si siede e dice: “Gracias”. Va a Santa Clara. Ho beccato un poliziotto autostoppista. Ottima cosa, da’ sicurezza e mi permette di saltare un paio di controlli. Consiglio a tutti il poliziotto autostoppista. Ad Aguada mi fermo ad un grosso autogrill. Mangio l’ennesimo pezzo di pollo, ascolto l’ennesimo gruppo che suona l’ennesima Guantanamera. Direzione: baia dei porci. E’ per la storia.
Claudio Sabelli Fiorettida Cuba, nono giorno
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