L’età del bronzo, poi l’età del ferro, poi l’età della luce. Questa è l’età del falso. Le cose false sono molto più di quelle vere. Le bugie non sono una invenzione moderna. Ci sono sempre state. Dicevano bugie anche gli antichi romani. Ma le fake news sono esplose con l’esplosione dei web, di internet e soprattutto dei social. Ho sempre sostenuto che i social sono la versione digitale del Bar Sport. Dareste mai fiducia ai frequentatori dei Bar Sport?
Quindi le persone intelligenti non debbono dare retta alle sciocchezze che vengono sparpagliate da Instagram e da Facebook Ormai il falso non è più nemmeno un reato, è un’abitudine. Per questo “il debunker – il demistificatore di bufale – è una figura nobile”, ha scritto l’altro giorno Matteo Feltri nel suo “Bongiorno”. Ha scritto: “Ricordo Paolo Attivissimo, magnifico nello smontare le teorie del complotto sulle Torri Gemelle…L’intero internet è un paradiso di mentitori: gente che si scrive da sola la biografia su Wikipedia…Metà di quello che si scrive è falso – e l’altra metà non è tanto vero – ma spesso è un falso autentico: Chiara Ferragni vendeva a prezzi da Chianti la sua bottiglietta d’acqua, ed era […] acqua fresca […] (la mia preferita resta Gwyneth Paltrow con la candela al profumo di vagina: andata a ruba)”. Ha ragione Matteo Feltri. Ma allora che fare di fronte al dilagare del falso? Fottersene? E’ una soluzione nemmeno tanto male. Combattere? Ne vale la pena? Eppure i giornalisti, quando incappano in una bugia di un politico, hanno il diritto, anzi il dovere di sbugiardarlo. E anche quando qualcuno scopre la truffa di una influencer a base di pandori è giusto che diffonda la verità Ma quando il falso lo crea una pizzaiola su un sito di recensioni bisogna denunciarla? Non è come prendere a martellate un bimbo che ruba una caramella? Non lo so. E’ difficile tirare una riga, questo si può e questo non si può. Io faccio il giornalista e se scopro un imbroglio non si può pretendere da me che indaghi sul livello di psicolabilità dell’imbroglione. Se lo chiamo al telefono e gli chiedo spiegazioni faccio il suo interesse oltre che il mio mestiere di giornalista. Il problema semmai è che oggi, con il dilagare dei social, sono tutti giornalisti. Non bastano quei lazzaroni di Striscia e delle Jene a rompere gli zebedei a gente che se ne va in giro tranquillamente a fare passeggiate sbattendo loro un microfono sui denti. Adesso tutti si credono giornalisti, senza averne la preparazione tecnica e deontologica. Tutti scrivono tutto, a prescindere dalla veridicità, a prescindere dalla opportunità, spesso approfittando dell’anonimato. Non bastava la scarsa affidabilità, al giorno d’oggi, dei giornalisti e dei giornali. Ci mancava l’incredibile diffusione del “piccolo giornalista” versione moderna del “piccolo chimico” e del “piccolo fisico”. Solo che col “piccolo chimico” al massimo ti bruciacchiavi le dita. Il “piccolo giornalista” può bruciare la gente.
sarà sempre peggio!
Fortunatamente sono totalmente a-social per cui dei leoni da tastiera e dei piccoli giornalisti non sento davvero la mancanza. Ovvio che si debba discernere da tutto quello che si legge, ma alcune cose sono talmente improbabili da sfiorare il terrapiattismo. Grande Paolo Attivissimo, che chiedeva una pizza come ‘ricompensa’ al suo splendido lavoro. Del Bar Sport, e chi se lo dimentica, manca anche la Luisona 🙂
Sono asocial per scelta ed ho un dumbphone giusto per telefonare (qualche sms ogni tanto)…una botta di luddismo.
(di Luisone/i siamo pieni viste le cariatidi che ancora ci ammorbano in tv e sono sicuramente più indigesti e meno dignitosi della gloriosa pastarella)
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