Mi ero già reso conto che Giorgia Meloni aveva perso l’occasione di passare alla storia. Sarebbe bastato che in un paio di situazioni si fosse comportata diversamente da tutti i premier che l’avevano preceduta. Una per tutte: la gestione della Rai.
Se avesse posto fine a quella tremenda abitudine dei governi che abbiamo avuto finora, la lottizzazione, la spartizione delle direzioni, se avesse rinunciato allo spoils system e avesse contribuito a consegnare tg e reti ai migliori giornalisti e ai migliori manager su piazza a prescindere dalle loro idee politiche i posteri si sarebbero ricordati di lei come della prima donna di potere che non si era approfittata del potere. Ma non l’ha fatto spiegando che tutti prima di lei avevano fatto come lei. Appunto.
Ma adesso ha fatto di peggio. Nessuno ha mai pensato che potesse essere o potesse diventare una statista. Però se qualcuno ha avuto qualche dubbio, adesso non ce l’ha più. E’ bastata una frase: “Non dirò mai che le tasse sono bellissime”. Solo Silvio Berlusconi ha detto e fatto cose peggiori sull’argomento fiscale. Ma il cavaliere ne aveva diritto essendo stato condannato per frode fiscale. Lei no. E anche se non ha ancora detto che le tasse sono il “pizzo di stato” (ma lo dirà, tranquilli, lo dirà) la sua frase sulla non bellezza delle tasse, cioè sulla loro bruttezza, io l’ho trovata orrenda. E ho subito pensato che Giorgia aveva fatto riferimento alla frase di senso opposto pronunciata anni fa da Tommaso Padoa Schioppa, lui si che era un uomo di Stato, lui sì che aveva le idee chiare su che cosa è una nazione. Sapere che cosa è una nazione è facilissimo. Una nazione è come un club, come una associazione, come un condominio, se vogliamo è come un gruppo di amici che si mettono insieme per facilitare la loro vita. Trenta amici decidono di andare a fare un viaggio in Australia? Pronti. Si contatta una agenzia, si ottengono sconti e alla fine si dividono le spese. Gli abitanti di un paese decidono di creare una squadra di calcio per partecipare al campionato dilettanti? Niente di più facile. Basta che ognuno versi una quota per acquistare le magliette, affittare un campo di calcio, finanziare le trasferte e stipendiare un allenatore. Un altro gruppo di amici, diciamo dieci, decidono di andare insieme al ristorante? Benissimo. Alla fine si prende il conto e lo si divide per dieci. Ognuno di questi amici è contentissimo di pagare le sua quota perché facendolo può viaggiare, tifare, mangiare. Questo è ciò che si chiama vivere civile, o se vogliamo, socialità. Ognuno contribuisce con le sue sostanze a raggiungere uno scopo. E a nessuno viene in mente di contestare il fatto che per raggiungerlo bisogna pagare. Bene, le tasse sono esattamente questo. Il contributo che ogni cittadino versa per ottenere di essere curato, essere difeso, essere istruito, di avere strade asfaltate, mezzi pubblici efficienti, reti fognarie, elettricità, acqua potabile, contributi per coltivare la terra.
Semplice no? Padoa Schioppa aveva ragione. Le tasse sono bellissime. Una volta non era così. Una volta le tasse si chiamavano gabelle e venivano imposte dai ricchi, dai potenti, dai preti a carico dei poveri e dei lavoratori della terra in cambio di niente. Quelle si che erano bruttissime. Ma oggi non è più così. Ma allora perché molti cittadini detestano le tasse? Perché fanno confusione. Confondono le tasse con i servizi. Se i servizi sono pessimi la colpa non è delle tasse. Se le strade sono piene di buche, i treni arrivano in ritardo, gli uffici amministrativi non funzionano, le banche ti strozzano, per avere una Tac bisogna aspettare cinque mesi, se i poliziotti manganellano, se i fiumi straripano, se i processi durano anni la colpa non è delle tasse, che sono bellissime, ma di quelli che incassano le tasse e ne fanno un uso scellerato. Oppure premiano con continui condoni quelli che odiano le tasse tanto che non le pagano. Loro sì che sono bruttissimi. C’è una soluzione? Certo che c’è. Ed è semplicissima. Il voto. Gli italiani non se ne accorgono ma continuano a votare quelli che fanno cattivo uso delle loro tasse. Io diffiderei di quelli che danno tutte le colpe alle tasse per far dimenticare le colpe loro. Chi dice che le tasse sono brutte non è, e non sarà mai, una statista.
A me sembra proprio che la meloni (n.b. : minuscolo) abbia già giudicato le tasse “pizzo di stato”! https://youtu.be/E8pvV8hT2Kk?si=kTXQcT9q0xKM6dFu
ha definito le tasse “pizzo di stato” lo scorso anno ( se ricordo bene: in sicilia)
Grazie. Un articolo perfetto.
Molti di noi ricordano i comizi di Berlusconi che suggeriva ai suoi elettori, fortunatamente non a tutti gli italiani, di non pagare le tasse e lo faceva dall’alto della sua carica in quel momento; questi che sono i suoi eredi stanno continuando con la stessa veemenza il credo generato in quel lontano momento. L’articolo mi è piaciuto molto.
Ma lo sa Caro Sabelli Fioretti che queste considerazioni le avevo pensato anche io … anche non sopportando e supportando per nessun motivo la destra che ha vinto …. oltretutto aggiungo che ha vinto anche perché il popolo non va a votare .. ( spesso ci dimentichiamo di ricordarlo) dicevo avevo pensato che questa per loro che vincevano poteva essere una occasione per cambiare modo di governare .. partivano da una situazione di partenza .. nuova .. una specie di … tabula rasa ? … ed invece no .. si sono e si stanno dimostrando: inadeguati, ignoranti sul modo di governare , arroganti, poco preparati politicamente e vogliamo parlare della presidente del consiglio che fa le scenette deridendo la parte politica opposta. Ma come si può essere istituzionali e macchiette allo stesso tempo ? Sono pessimi un po tutti .. anche essendo obiettivi… io non riesco a trovare un politico serio in questo governo .. e non nomino nemmeno il capo dell ignoranza e paladino del cavalcamento delle situazioni .. devo fare il nome ?
Avete ragione. Che le tasse siano un pizzo di Stato l’ha già detto. E’ avanti col programma.
Direi che non c’è niente da aggiungere a quanto hai scritto. Il voto….già, se almeno ci fosse una vera alternativa e non un’accozzaglia che litiga ancora e sempre per le ‘cadreghe’ Che tristezza
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