Mi piace rileggere sia le interviste che ho fatto che quelle che mi hanno fatto. E siccome penso che quello che piace a me piaccia anche a voi, le ripubblico, un po’ per volta. Questa è quella che mi fece Antonella Bersani, per “Punto Com”. Era il 27 giugno 2004.
Claudio Sabelli Fioretti è i suoi capelli. Ricci, voluminosi, anarchici. Il biglietto da visita di un giornalista che ha girato 14 giornali, collezionato cinque direzioni, fughe, licenziamenti e ritorni. Sabelli Fioretti ha affrontato di petto le sue battaglie, pagato in prima persona. Con due soli rimpianti: il quotidiano del gruppo Espresso e la mazzetta dei giornali gratis: “Partecipai alla fondazione di Repubblica, ma fui sedotto dal progetto di Tempo Illustrato e la abbandonai. Lasciare Repubblica, che cazzata!”.
Oggi dopo aver fatto l’inviato per Panorama, per il Secolo XIX, diretto quotidiani come Abc e Cuore, settimanali come Sette e mensili come Gente Viaggi, lo spirito anarchico ha ormai prevalso. Sabelli Fioretti vive bene di collaborazioni, le sue interviste su Sette (da buon irriducibile non si convince a chiamarlo Corriere della Sera Magazine) sono diventate un culto, e dopo la fondazione del Pa.po.po, il Partito Popular Populista, è venerato dal popolo di Caterpillar (la trasmissione di RadioDue) come una sorta di comandante Marcos. Visto il paragone, è fin troppo ovvio che il rapporto con i potenti non sia altrettanto felice. Ma è una scelta di campo, perché Claudio Sabelli Fioretti a fare il Gianburrasca si diverte un mondo. Un esempio? Lasciò l’amaca di Panorama per buttarsi nel 1975 nella direzione di Abc, testata di grandi battaglie libertarie, tette al vento comprese. Il proprietario era un editore di porno. “Abc era un giornale da barbiere, è vero. Ma impegnato. E’ stato in prima linea nella grande battaglia per il divorzio. Lo presi a 20mila copie e lo feci scendere velocemente a diecimila togliendo ogni residuo di tette e culi”, ironizza Sabelli Fioretti. L’ultimo servizio fu dedicato all’omicidio di Giannino Zibecchi (l’insegnante travolto da una camionetta dei carabinieri durante una dimostrazione antifascista), con foto molto crude in copertina e titolo: “Carabinieri assassini”. Inutile dire che fu subito chiuso. Altro esempio? Le valanghe di querele piovutegli addosso con la direzione di Cuore, montagne che sta spalando ancora adesso battagliando contro gli avvocati degli eredi di Vincenzo Muccioli, il fondatore della comunità di San Patrignano, oggetto delle puntute inchieste di Cuore. “Sono soprattutto loro che mi perseguitano, ma oggi è un gran giorno. Ho appena vinto una causa contro Cesare Previti”. E poi c’è l’inimicizia storica con il sindaco di Roma Walter Veltroni, attaccato perché colpevole di aver “inquinato” l’Unità con libri e videocassette. “Veltroni? Un cattivo vero – dicono – che finge quando dice con la sua faccia buonista di essere disinteressato alle poltrone – arringa ancora oggi Sabelli Fioretti -. I gadget editoriali oggi hanno fatto scuola e salvato giornali, è vero, ma snaturando il prodotto e allontanandolo dal suo vero pubblico di riferimento. Bisogna dirlo: i gadget sono la droga dei giornali”. Frase che procurerà a Sabelli Fioretti un insolito sostenitore: Urbano Cairo, amico di Berlusconi. Che dire poi di uno che per amor di goliardata scatenò le ire di Vittorio Sgarbi? “Pubblicammo una pagina intera con i numeri di telefono dei Vip. La chiamammo “Il telefono, la tua voce”. Divertentissimo. Purtroppo però molti lettori chiamarono Sgarbi insultandolo. Come potevo sapere che il mio target faceva così schifo?”. Comunque Sgarbi non porse l’altra guancia. Ma rese pan per focaccia utilizzando la tv. Risultato: i telefoni della redazione di Cuore intasati, il telefono personale di Sabelli Fioretti inutilizzabile. “Oggi siamo amici. Anzi, sai cosa mi dice? Che dopo che ho intervistato lui, sua madre, la sua fidanzata e sua sorella, suo padre si è incazzato”. Ultimi episodi: il licenziamento di Rusconi, che lo caccia dalla direzione di Gente Viaggi “ma ho appena perso la causa e non mi va di parlarne”. E il litigio al confine con la Cina, con gli autori della trasmissione Overland. “Era una missione finanziata dall’Unicef e mi sarei aspettato che propagandasse un messaggio per i bambini del mondo. Me ne sono andato per divergenza di vedute”. Anche Michele Serra, che lo ha preceduto alla direzione di Cuore schivando pure le querele, dice che lui ama il conflitto. Ma Sabelli Fioretti si dice cambiato: “Un tempo forse ero più battagliero. A ogni disaccordo erano dimissioni. Oggi, invece, me ne frego. Il giornale sarà un po’ più brutto? E chissenefrega, ce ne sono tanti brutti in giro. Però c’è una verità da dire: come direttore sono inaffidabile. Per questo non so se io sia mai stato davvero bravo a guidare un giornale. Diciamoci la verità: ce lo vedi qualcuno proporre Claudio Sabelli Fioretti per la direzione de La Stampa?”. Ride lui per primo. Ma a dispetto di questa fama di cattivo ingestibile, in realtà Sabelli Fioretti è un tipo davvero affidabile. Perché coerente. “Sono da sempre fedele alla vecchia scuola di Lamberto Sechi, quella della notizia. Per me si devono scrivere solo cose vere, e il giornale non deve avere nessun altro interesse se non il raccontare i fatti”. Detto questo, se qualcuno crede davvero che l’età abbia calmato Sabelli Fioretti, provi a farlo parlare della crisi della sinistra. “Cofferati è l’unico leader naturale e carismatico che abbiamo, tanto carismatico che questa sinistra gli ha subito tagliato le gambe. Cofferati è stato costretto a dirottare su Bologna, ma ha dimostrato che potrebbe vincere ovunque. Sai cosa ti dico? Che se si candidasse con Forza Italia lo voterei. Sono così stufo delle solite facce. Di Fassino, del ritornello sull’intelligenza di D’Alema. Basta! Sono con Nanni Moretti quando dice: con questi leader non andremo da nessuna parte”. Come il regista girotondino, Claudio Sabelli Fioretti è un autarchico. Lontano dalla città, dai salotti, sai soliti cori. Lui, laziale, ha la sua patria di adozione in un paese di montagna. E qui, disintossica muscoli e fegato spaccando legna o costruendo mobili nel laboratorio di falegnameria che si è attrezzato in casa: “Contro nervi e paturnie, non c’è niente di meglio che costruire una bella cassapanca” afferma. E lui in qualche modo si deve sfogare, perché a dispetto dello sbandierato menefreghismo, resta un uomo che si arrabbia. D’altronde, anche le sue interviste sui voltagabbana e i cortigiani non sono altro che una crociata contro le ipocrisie che più detesta. Per non parlare della provocazione del Pa.po.po. Scusi, Sabelli Fioretti, ma lei ha sempre votato lo stesso partito? “Il voto è il mio dramma, perché a volte voto a Milano e a volte in Trentino e qui mi propongono sempre Marco Boato, che non riesco a mandare giù. E non voto. Nei secoli invece ho votato di tutto, da ragazzino liberale, una volta repubblicano, Valpreda, i radicali, mai però socialisti o Msi. Neppure Rifondazione mi convincerà mai, io resto un orfano di Cofferati”. E qual è la definizione di voltagabbana? “E’ quello che cambia posizione e poi spara a zero contro i suoi ex compagni. Questo mi fa davvero schifo”. E giù l’elenco, dal direttore dell’Unità Furio Colombo all’immancabile portavoce di Forza Italia Sandro Bondi: “Io adoro Bondi, perché è simpaticissmo – dice Sabelli Fioretti -, ma santo cielo: come si fa? E’ stato un sindaco comunista. E poi l’adulatore Emilio Fede, che adesso non tifa nemmeno più per la Juventus”. Figlio d’arte (suo padre è stato direttore del Corriere dello Sport), Claudio Sabelli Fioretti ha mosso i suoi primi passi nella testata di sport minori Selesport “100 lire a tabellina e 300 lire per i goal”, poi “Nevesport” a conferma di chi lo vuole ottimo sciatore, quindi sei anni a Panorama con Lamberto Sechi, quello che oltre a Sabelli Fioretti ha cresciuto direttori come Carlo Rognoni, Paolo Panerai, Miriam De Cesco e Carlo Rossella. E’ il periodo di “Stanze Rosse” e di “Cotta Continua”, secondo una definizione dello stesso Rossella. “Vero, ma si dimentica sempre di dire che in quelle stanze dell’estrema sinistra c’era anche lui – interrompe Sabelli Fioretti -. Carlo è stato anche cossuttiano. Tanto è vero che quando lo fecero direttore del Tg1 Cossutta confidò agli amici: Ma lo sai che hanno messo a capo del Tg1 uno dei miei? Non sapeva che aveva già cambiato idea. Rossella è inafferrabile, si è fatto anche l’automarchetta per il libro Grand Hotel su Panorama. Incredibile, ma il libro è bellissimo, perché Rossella è un raccontatore splendido. Per lui tutto è fiction”. Niente da fare. Claudio Sabelli Fioretti non perde il vizio. Confligge. Soprattutto con chi gli concede le interviste e poi tenta di bloccarne la pubblicazione. “Con l’attrice Ida di Benedetto fu una bella battaglia, mentre Alain Elkann a metà intervista disse che ci aveva ripensato, ma questo è un suo diritto. – racconta -. Antonella Boralevi (giornalista e scrittrice) invece, scassò talmente tanto che alla fine non la pubblicammo. Se tornassi indietro venderei molto più cara la pelle”. E’ la legge dello sfinimento, che i giornalisti conoscono bene. Sabelli Fioretti compreso, perché i suoi intervistati li prende per stanchezza. Anche a rate, come il direttore de Il Giornale Maurizio Belpietro, che sostenne due appuntamenti più una lunga conversazione telefonica. Per un totale di oltre cinque ore di colloquio. “E’ il segreto. Documentarsi moltissimo prima e parlare a lungo, molto a lungo. E poi applico la tecnica di Enzo Biagi: se l’intervistato non risponde a una domanda, bisogna riproporgliela dopo un quarto d’ora in forma diversa. Se lui non risponde, avanti ancora dopo un altro quarto d’ora. E se non risponde, il tormentone è talmente divertente che puoi scriverlo così com’è”. Hai collezionato tanti rifiuti? “Tantissimi: Lilly Gruber, Alda D’Eusanio, Vincenzo Mollica, Paolo Bonaiuti, Berlusconi. Beh sai, io l’intervista gliel’ho chiesta”. Tutti sinceri, gli altri? “Tutti bugiardi, consapevolmente o no, perché ognuno tende ad essere fedele all’immagine che si è fatto di se stesso e non sempre coincide con la verità. Poi sai, c’è la storia. Gianfranco Fini dice che non è mai stato fascista? Ci sono le sue foto mentre fa il saluto romano. Veltroni dice di non essere stato comunista? E cosa ci faceva iscritto al partito? Qui c’è poco da dire: o sono scemi o sono bugiardi. E siccome scemi non sono…” L’avventura di Repubblica, si colloca dopo Panorama e la direzione di Abc. Ma dura tre mesi, e tre mesi dopo Tempo Illustrato “Il tempo di capire che avevo fatto un’altra cazzata” è con Melega all’Europeo e poi di nuovo a Panorama con Carlo Rognoni. Seguirà la direzione di Panorama Mese, ma anche questa avventura finisce male. Fu chiuso dopo averlo trasformato in un geografico. Anticipando National Geographic italiano, trasmissioni come Geo e riviste di divulgazione scientifica. “Anticipare i tempi, non è pregio, ma un difetto – commenta -. Oggi 90 mila copie di target alto sarebbero considerate un successo, ma la Mondadori di allora non era pronta”. Seguiranno gli anni come inviato del Secolo XIX, chiamato sempre da Carlo Rognoni “per raccontare quelle storie che nessun altro riusciva a trovare”. E qui Sabelli Fioretti incontra una donna che lo ha folgorato più di Alessia Marcuzzi e Valeria Marini (intervistate due volte). E’ Gigliola Guerinoni, la mantide di Cairo Montenotte. Ne scrisse, ne riscrisse. Passava a prenderla a casa per accompagnarla ai processi. “In redazione, dicevano che mi ero fidanzato. Ho scritto anche un libro su di lei, una donna strana: 125 copie in tutto. Credo che lei sia come Sofri”. Come Sofri? “Innocente, ma che sa tutto”. Non è un innocentista convinto? “In questo Paese ci sono due cose che non puoi toccare: Craxi (gli costò una dura polemica con Filippo Facci su Il Giornale) e Sofri. Insomma, diciamolo: Craxi è morto latitante, non esule. E di Sofri si sono occupati 9 processi, che mi sembrano abbastanza altrimenti ci mettiamo a discutere il ruolo dei giudici. Che debba fare io il difensore dei giudici, questa poi…Io non li amo, ma il loro ruolo è indiscutibile. Se il caso Sofri è così lampante, perché non ci hanno pensato i suoi amici? Giuliano Ferrara, Claudio Martelli, sono stati tutti al governo”. Forse un libro su Sofri avrebbe avuto più fortuna di quello sulla Guerinoni, o di quello sull’ex Presidente del Consiglio Giovanni Spadolini, 300 copie vendute: “Scrivere un libro su Spadolini è puro masochismo – ride -. Credo che quelle 300 copie le abbia acquistate tutte lui, perché le regalava in campagna elettorale. Però ho firmato un altro libro di successo: “Dimmi, dammi, fammi” uno scritto ironico sulla partita dei sessi. Risultato: 10 mila copie, ma tutto il ricavato andava ad Emergency”. Qualcosina avrebbe invece fatto comodo per sostenere i costi della mazzetta, che per un free lance come Sabelli Fioretti è sempre piuttosto onerosa. “Compero e leggo per primo Il Corriere, poi La Stampa, Repubblica e il Foglio. Quasi sempre Il Giornale e L’Unità. A volte Il Riformista e Libero”. Niente Manifesto, “perché non amo rileggere quello che già penso” E perché insegue solo alcuni giornalisti: “Leggo il Corriere per Gianantonio Stella, il Giornale per Giancarlo Perna, la Stampa per Granellini, Ceccarelli e anche per Pigi Battista, perché dice delle cose che non stanno né in cielo né in terra”. C’è qualcos’altro che non sta né in cielo né in terra. Sono gli orti aerei che Claudio Sabelli Fioretti coltiva, una sorta di giardini pensili babilonesi da cui ricava insalate, verdure e altre freschezze. “Li ho chiamati ortovolanti. Fantastici, perché si possono coltivare senza doversi chinare”. Il pollice verde è l’alternativa al piallare le cassapanche. Ma se non è in treno, non sta spaccando legna, annaffiando le carote o sparando a zero su Veltroni, state certi che Claudio Sabelli Fioretti sta scrivendo per il suo blog. “Il blog è la democratizzazione dello spazio su internet, dove ho ricavato il mio angolo di libertà di stampa – spiega -. E ogni giorno mi meraviglio perché molti colleghi non l’abbiano ancora adottato. Anche se ho il sospetto che i giornalisti parlino tanto di libertà di stampa, ma purché sia pagata”.
………..è un piacere leggerti
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