Mi sono addentrato nei meandri di Clubhouse e sono rimasto intrappolato. Io che quanto a social sono alle elementari (non sono riuscito ad andare oltre Facebook, che mastico ancora con grande difficoltà) di fronte alla Casa del Club (o al Club della Casa?) sono rimasto estasiato. Non ho ancora ben capito a che cosa serva, come funzioni esattamente, come si faccia ad entrare e come si faccia ad uscire, ma mi affascina. Sto ore ad ascoltare senza avere il coraggio di parlare. Vado da una stanza all’altra. Incontro Rosario Fiorello, Andrea Delogu, Gianluca Neri, Luca Bizzarri. Chiacchierano, urlano, ridono, ridono, ridono. Si chiamano tutti per nome ed io quando sento Eugenio che chiama Francesco penso che sia Scalfari che chiama il Papa. Dropping name, il linguaggio dei potenti. Dallo schermo arriva una voce di qualcuno che si è accorto che sono tra il pubblico. Mi dice: “Claudio, entra alza la manina”. Ma io codardo mi nascondo, faccio finta di non aver sentito, volto lo schermo dall’altra parte, tossicchio e alla fine spengo tutto. Quindici secondi dopo di nuovo lì. Rientro di soppiatto, sperando che nessuno se ne accorga. Sono un guardone.
L’importante non è vincere, ma nemmeno partecipare. L’importante è guardare.
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