Non è la prima volta che il telefonino cade di brutto, ma già durante il suo volo e un attimo prima dello schianto, qualcosa in me era certo che questa volta sarebbe stato fatale. In un secondo ho visto tutta la mia vita digitale scorrermi davanti: gruppi WhatsApp inutili, rubrica esagerata, SMS indecifrabili, foto di compleanni sbiaditi, selfie nel bosco mossi… addio: crac, lo schermo è completamente nero…

Poi, pensandoci bene, è una specie di liberazione, come sentire le catene della schiavitù spezzarsi: una bellissima sensazione di libertà…

Un vecchio adagio cinese recita “se hai due denari, con uno compri il pane e con l’altro una rosa. Ma se hai solo un denaro non devi aver dubbi, scegli il pane”. Anche se non ci sono più i cinesi onesti di un tempo, aggiustare il telefonino costa 100 euro, vecchio di cinque anni, e uno nuovo ne costa 300 come minimo. Ho optato per il pane.

La vita sette giorni senza telefonino non è niente male, anzi. L’unico guaio é che non ricordo nessun recapito a memoria: amici, lavoro, ex, figli, moglie, niente, buio totale. L’unico numero che ricordo a memoria è il telefono fisso della mamma a Nablus, mi fa sentire al sicuro come ET o Neo in Matrix. Basta uno squillo analogico e sono a casa. Intanto, senza Wikipedia né Dagospia mi sento beatamente ignorante, umano e, per non cadere in depressione, mi sono riabbonato a Le Monde diplomatique in versione cartacea.

PS. Sto usando un tel di cui ignoro il numero, quello della dolce metà. Nonostante ciò si trova comunque il modo per connettersi, in fondo basta uno squillo e son morto che ero innamorato.