Il 18 novembre del 2010 scrissi e pubblicai su questo blog un piccolo post che vado a ripetere e poi vi spiegherò il perché.
“Il tritacarne mediatico, la giustizia ad orologeria, la macelleria sociale, l’onestà intellettuale. Ci sono frasi che non sopporto più. Qualcuno le ha pronunciate una volta e adesso tutti imitano. Sembra che gli italiani abbiamo improvvisamente perso la fantasia. E non solo la gente normale, o magari i politici. Anche i giornalisti hanno abdicato al loro mestiere e non vogliono far fatica. Leggo di plessi scolastici, di squadre che vincono e non si cambiano, di partite deludenti dal punto di vista tecnico e agonistico. Non ne posso più di articoli che dicono che a pensar male si fa peccato come disse Andreotti. Odio le conventicole, i combinati disposti, quelli che fanno la differenza. Sento che finirò al nosocomio. Dove? Al NOSOCOMIO”.
E’ una battaglia che combatto da sempre. La battaglia contro il luogo comune. Cioè contro la pigrizia di chi non vuole fare la fatica di pensare frasi originali e si attacca a modi di dire inventati da altri ed adottati dalla maggioranza. Se c’è qualcuno fra voi che mi segue, sa che raramente (mai dire mai) ho scritto cose come “non si possono usare due pesi e due misure”, “ha iniziato un percorso”, “non so come dire”, “bisogna fare un discorso di un certo tipo”, “facevano bella mostra di sé”. Ai tempi della contestazione non c’era assemblea studentesca in cui prima o poi non si alzasse qualcuno a dire pomposamente: “Il problema è politico e in quanto tale va affrontato”.
Sì, vabbé, direte voi, ma tu che vuoi? Dove miri?
Miro soprattutto ad approfondire ed a scoprire i motivi di uno strano avvenimento di cui mi sono reso conto recentemente. Voi tutti sapete che Internet consente grandi miracoli. Per esempio consente di scoprire quali post sono stati fra i più visitati in un blog. Questo blog esiste da una ventina di anni. Sapete quale è stato il post più visitato di sempre? Quello di Alessandro Ceratti, intitolato “Onestà intellettuale (significato)”. L’ho scoperto un paio di giorni fa. Era il 29 maggio 2009. Questo era il testo dell’ottimo Ceratti:
“Secondo me onestà intellettuale significa essere capaci di riconoscere le ragioni (magari parziali) delle posizioni a cui ci si contrappone, significa valutare (magari negativamente) per quello che è e non per il simulacro che ce ne si ne fa le posizioni a cui ci si contrappone, insomma semplicemente fare di tutto per avere ragione, il che significa abbandonare rapidamente le posizioni sbagliate quando ci accorge che sono sbagliate, anche se sono le nostre posizioni, e anche se sono posizioni che ci fanno comodo”.
Bene, bravo. Condividiamo. Una valanga di visualizzazioni. Magari se le meritava. Ma sapete qual è il problema? Il problema è che queste visualizzazioni continuano ancora oggi. Ancora oggi il frutto della mente creativa di Cerrati è in testa alle classifiche. Da allora migliaia e migliaia di persone, per saperne di più, magari spinte da qualche improvvido motore di ricerca, si sono fiondate sul post di Alessandro Cerrati. A una media ancora nell’ultimo anno, di 25 al giorno. Media che non accenna a diminuire. Ancora ieri i desiderosi di addentrarsi nel “cerratipensiero” sono stati 32. Che cosa c’è dietro? Non lo so. Che sia lo stesso Cerrati che vuole entrare nel Guinness dei primati o, in alternativa, almeno nella storia?
Alla discussione su quale sia il significato di “onestà intellettuale” presero parte, allora, i migliori cervelli del blog, da Gianni Guasto a Natalino Russo Seminara, da Carlo Urbani a Primo Casalini, da Francesco Flavio D’Urso a Muin Masri. Io vorrei concludere questa inutile dissertazione con la frase lapidaria di Carla Bergamo (31 maggio 2009): “Io mi considero intellettualmente onesta. E con questo chiudo la discussione”.
Quello che probabilmente ti serve per capire è un SEO. Uno che per mestiere fa sì, o almeno ci prova professionalmente, che le pagine siano il più possibile viste e lette assicurandosi che il testo in esse contenuto ottenga di venire “pescato” dai motori di ricerca in quante più ricerche possibili e nella posizione migliore possibile rispetto alle diverse query. È una questione di algoritmi, quelli dei motori di ricerca, e di abilità di sfruttarli a proprio vantaggio, quella dei SEO, quando la possiedono. Un SEO potrebbe spiegarti attraverso quale alchimia, sicuramente involontaria, quel post continua ad ottenere certe performance. Mi spiace, Claudio, ma non credo ci sia niente di più “magico” di così, dietro, con buona pace anche del mitico Ceratti, che saluto se ci legge.
Non sopporto gli algoritmi. Preferisco credere alle scie chimiche.
Chissà perché non sono stupita
Che siano anche i motori di ricerca a selezionare la qualità nei primi posti? In un momento di scarsa onestà intellettuale , vogliamo sapere cosa dobbiamo aspettarci per trovarla. E per fortuna il buon lavoro si fa sempre notare.
ma non era Ceratti?
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