Diciamolo: c’è anche un piccolo attimo di tensione. È quando ho la pessima idea di poggiare il mio zainetto nero contro il muro del villino di Maria Angiolillo e mi allontano. Sono proprio un deficiente. Esce il maggiordomo asiatico preoccupato e dice educatamente: «Lo zainetto. Può spostarlo?». Il maggiordomo asiatico è saggio. Fra qualche minuto arriverà il ministro degli Interni, mica bruscolini. Il maggiordomo asiatico è piccolo ma ben piazzato. Mi ricorda quel tipetto che in Goldfinger lanciava la sua bombetta, arma terribile, capace di tranciare la testa a chiunque. Per tutta la serata, dalle nove a mezzanotte il maggiordomo asiatico sarà il mio unico punto di contatto con Maria Angiolillo, vedova del mitico Angiolillo, proprietario del Tempo di Roma, quando il Tempo era un giornale famoso, autorevole, luogo di grandi firme e grandi giornalisti. Comincia così la mia prima esperienza di giornalista embedded, incastonato nel più importante rito della mondanità politico-economico-ecclesiastico- giornalistica romana, bivaccando davanti al portone che una volta al mese 35 vipponi oltrepassano per presentarsi al desco del salotto più famoso d’Italia, apparentemente per mangiare e conversare amabilmente, in realtà per recitare la parte di coloro che decidono le sorti di questo nostro angosciato Paese. Sommo officiante del rito è Umberto Pizzi, fotografo di Zagarolo, il quale insieme al fratello Mario, aspetta davanti al portone i vipponi e li blocca sui megapixel della sua Nikon. Sono quattro anni che Pizzi partecipa a questa sceneggiata. Qualcuno a volte protesta ma i più lo considerano parte del programma. Romiti, Fini, Prestigiacomo, Rossella, Calabrese, Tatò, Raule, Gasparri, D’Urso, Scajola, Andreotti, Bongiorno, Del Noce, Pera, Buonamici: la Roma che conta, una volta al mese, si attovaglia, come direbbe Dagospia, attorno ai tre tavoli da dodici dell’anfitriona Angiolillo. Ma prima e dopo la cena, come fosse un antibiotico, si beccano il Pizzi.
Ed io sono con lui, stasera, tra la sorpresa degli illustri invitati. Mentre li aspettiamo (arriveranno, alla spicciolata, scendendo una ventina di gradini, a partire dalle nove), Umberto mi spiega qualche particolare del rito. Le donne arrivano quasi sempre per prime, spesso single, elegantissime. Gianni Letta è solito arrivare per ultimo. Solo a lui è consentito il ritardo, gli altri vengono sgridati. Lui, Francesco Caltagirone e Sandra Carraro ci sono praticamente sempre. Abbonati. I cuochi arrivano da fuori. Davanti al portone staziona un maresciallo in pensione a garantire l’ordine pubblico. Gli invitati vengono preceduti quasi sempre dal fioraio che porta tre composizioni floreali per il centro tavola. Ma come fai, dannato Pizzi, a sapere sempre la data della cena?
«Questi sono segreti professionali», spiega il Robert Capa della Ciociaria. «Maria ci patisce. Non è mai riuscita a scoprire la spia. A volte è l’argomento principale della conversazione». Una volta, durante una cena a metà fra un’autocoscienza e una simpatica serata nei sotterranei della Stasi, misero in mezzo il povero Mario D’Urso, convinti che la talpa fosse lui. E lui se la prese con Pizzi. «Ma io non cederò mai. L’ho detto anche a Maria: te lo dirò quando andrò in pensione chi è la spia». L’occhio vigile di Umberto si agita. La Nikon freme. Arrivano. Non sono nemmeno le nove. È Ademaro Lanzara, vicepresidente della Bnl. Deve parlare con Maria e si ritaglia una decina di minuti. Ma prima spiega a Pizzi: «Stasera poca gente e poche donne». Alle 21 in punto arriva l’«antipatico» Maurizio Belpietro, direttore del Giornale. Si meraviglia di vedermi. A tutti darò la stessa spiegazione alla quale gentilmente faranno finta di credere: «Sto scrivendo un libro su Pizzi». Arriva Consolo, l’avvocato di An. Mi guarda perplesso e poi si ricorda che l’ho intervistato qualche anno fa. Poi Sandra Carraro, Francesco Caltagirone, Antonio Polito. Un momento di imbarazzo. Tre turisti di Germania, dio stramaledica i tedeschi, gonfi di birra, si piazzano davanti al portone di villa Angiolillo, si aprono la patta, tirano fuori l’apposito arnese e – scusate, è solo per completezza dell’informazione – pisciano. Ettolitri. Esce il maggiordomo asiatico, protesta inutilmente e poi in perfetto slang di Tor Pignattara, si esibisce in un sonoro vaffanculo. Gli arrivi si susseguono. Sempre più potenti. Vegas (sottosegretario di Tremonti), Beretta (Confindustria), Bruno Vespa e signora che passano oltre come Magnaschi, direttore dell’Ansa. Ferruccio de Bortoli, in grande spolvero di fisico e di abito. Si ferma e ci chiede: «Siete una nuova coppia?». Alle nove e venti cominciano a calare giovanotti neri con occhiali neri, vestiti neri e tubini che escono dagli orecchi. Guardie del corpo. Cinque. Preannunciano l’arrivo di Pisanu con signora. Buonasera ministro. Silenzio. Pizzi mi aggiorna: è di poche parole. La moglie di Pisanu rimane indietro. Lui la chiama: «Aiò». Un vero pastore sardo. Ecco De Bustis, Deutsche Bank. Siamo quasi al completo. Con un certo ritardo arriva Massimo Franco, notista politico del Corriere della Sera. Ultimo, come al solito, Gianni Letta. Gentilissimo, come al solito, rallenta per favorire il fotografo. Fine del primo tempo. Gossip: sembra che Magnaschi stia dicendo a Maria Angiolillo: «Ma che fai, lasci fuori della porta Sabelli Fioretti?». E lei, splendida, ineffabile: «Ma chi la conosce questa Isabella Fioretti!». E dà inizio alla cena. I magnifici diciotto si siedono attorno ad un tavolo ovale e fanno fuori paté di foie gras, faraona con farro castagne e patate, ricotta con miele, spumone di nocciola.
A destra di Maria si siede Pisanu, a sinistra Letta. Si parla di Lapo, naturalmente. Consolo lo accusa e Beretta lo difende. Pisanu anticipa che la riforma elettorale passerà alla grande. Tutti si dichiarano contrari alle quote rosa. Vegas si esibisce in tagli alla finanziaria. Sandra Carraro cerca di scoprire se qualcuno ha visto la trasmissione di Claudio Martelli e rimane delusa quando si accorge che è la sola ad essersela sorbita tutta. La serata è moscia. Finita la cena si sale in salotto. Massimo Franco monopolizza Pisanu in un salottino. In un altro salotto si forma un crocchio comandato da Vespa e Letta che hanno fatto i «padroncini» per tutta la sera. Sotto casa, seduto su un muretto, embedded a stomaco vuoto, sogno insieme a Pizzi una pizza. Mi dice: «Da un po’ di tempo il salotto si sta insinistrando». Chissà perché. «Prima veniva invitato solo Bersani. Adesso arrivano Fassino, Enrico Letta, Rutelli, Veltroni, Polito, perfino Bertinotti». È stata invitata anche la signora Ciampi, ma da sola e a pranzo. Non si vedono più Dell’Utri, Bossi, Castelli, Jannuzzi. Non devono essersi divertiti troppo. Comincia l’esodo dei supervip. Alle 23,30 esce Caltagirone e mi viene incontro. «Mi han detto che qua sotto c’era il famoso Sabelli!». Sono una persona a modo e ringrazio. Esce Pierluigi Magnaschi. Mi abbraccia e mi bacia. L’impietoso e bugiardo obbiettivo di Pizzi ci consegnerà alla storia delle coppie di fatto come sull’orlo di un appassionato french kiss. «Te ne vai con grandi notizie?», chiedo da gran furbetto. Lui è all’altezza: «L’Ansa le notizie non le trova, le porta». Escono alla spicciolata e si fermano a parlare. Mi spiega l’arguto paparazzo: «Quando entrano sono scortesi e distratti. Quando escono sono gentili e disponibili. Soprattutto se il cibo è stato cattivo e il vino buono». Arriva Consolo. Chiedo: «Chi c’è ancora dentro?» «È rimasto solo Pisanu che pontifica». Esce Bruno Vespa. «È più importante Porta a Porta o il salotto della Sora Maria?» Brunello non ha dubbi: «La mia è la Terza Camera. Questa è la Prima Camera». Via, tutti a letto presto stasera. Per qualcuno sarà una brutta nottata. Scriverà Dagospia che gli stomaci di Beretta, Belpietro, Polito e De Bustis protesteranno a lungo intasati dal paté. Io me ne vado a farmi una pizza col paparazzo di Zagarolo. Il mio stomaco embedded ringrazia.
Ma un reportage così, chi mai è riuscito a farlo . e chi mai riuscirà a farlo ? PS Zagarolo è il paese di Ricucci, hai chiesto se erano amici ?
Sono d’accordo con Rossetti: non riesco a immaginare chi potrebbe oggi fare un reportage così- E anche in passato, diciamolo, non sarebbe stato facile. Bravo Claudio, ma che anno era?
ERAVAMO NEL 2005, QUINDICI ANNI FA.
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