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Se un giorno io scomparirò e nessuno di voi riuscirà a trovarmi non telefonate a Federica Sciarelli. Ve lo dico subito. Io sarò a Caleta Tortel, alla fine della Carretera Austral, nel paesino più bello del mondo. Immaginatevi un fiordo molto fiordo (nel senso che il Pacifico è lontanissimo) vicino all’estuario del Rio Baker, azzurrissimo, verdissimo, coloratissimo. Il paesello è abbarbicato su una collina che è fatta di roccia e di sfagno. Niente terra. La collina piomba a picco sul fiordo. Quindi chi ha deciso di costruire le sue casette qui (e non si capisce veramente in base a quale momento di follia abbia deciso di farlo) non aveva che una possibilità: un misto di palafitte, di passerelle e di scalette tutte costruite in legno di cipresso.
Alla fine la vista è incredibile, case, casette, passerelle e scalette, dietro cipressi e davanti acqua celeste. Ogni tanto c’è una piazza: cioè una grande terrazza a sbalzo sul fiordo, tutta in legno. Ogni tanto c’è una grande tettoia, di legno naturalmente, uno stupendo belvedere. Ci sono pochissimi ristoranti, pochissimi alberghi (più che altro ospedaje, cioè camere in affitto), pochissimi negozi. In piena stagione molta gente è costretta a dormire in macchina, su al parcheggio. Voi direte: è un paese di pescatori. No! Mai cedere alla tentazione delle analisi semplici. A Caleta Tortel non c’è nemmeno un pescatore, non c’è nemmeno un pesce. Tortel es una caleta maderera, dice Nancy, una simpatica cilena che ha un chioschetto della piazza del parcheggio, a monte del paese. Tutti lavorano il legno, lo tagliano, lo accatastano, lo caricano sulle barche e lo trasportano. Tutto il paese sa del profumo intenso dei cipressi tagliati. Le passerelle sono tantissime, chilometri. Io sono andato fino in fondo, dove credevo che le passerelle sarebbero finite. Ho raggiunto una piattaforma in legno dove pensavo che la passeggiata non potesse più andare avanti. Ho trovato tanti attrezzi modernissimi per fare ginnastica e poi la passerella continuava. Una passerella infinita. Ho dormito in un albergo (Entre hielos) a duecento scalini sul livello del mare, immerso dei cipressi. Vi chiederete: perché “entre hielos”? Perché Caleta Tortel sta fra il Campo de hielo norte e il Campo de hielo sur, che non è come dirlo. Come si fa a non desiderare di vivere qui, potendoselo permettere? Il luogo non è dei più puliti e nonostante continui avvisi a “non botar la basura”, non gettare la spazzatura, sotto le passerelle non è esattamente un prato all’inglese. Ma avete mai provato a pulire sotto una passerella? Ho pensato: chissà quanti topi. No. Nemmeno topi. “Aqui los ratones mueren de frio”, mi ha detto Julio, il marito di Nancy. Non ci sono scuse, non si può sfuggire al pueblo mas lindo do mundo. Eppoi ho visto anche il monumento a padre Antonio Ronchi, che era un tipo un po’ traccagnotto ma che ha fatto tanto bene alla gente di queste parti (a Caleta Tortel gli hanno dedicato una delle strade più importanti, la passerela Ronchi). Lasciamo Caleta Tortel, torniamo a Terraluna, da Philippe. Domani siamo a Balmaceda, l’aereo ci porterà a Santiago. Ci aspetta il Museo della Memoria e il Museo di Violeta Barra. E un pranzo ai Mercati generali. Ed è subito Malpensa.
Qualche foto di questo paesino non c’è le fai vedere???!!
Una chicca amatoriale questo raro sabelli fiabesco. Con quel finale duro “ed è subito malpensa” che fa sparire nel nulla caletta tortel ,forse una bolla di sapone immaginata dall artista.
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