Ultimi giorni di Carretera Austral e tutto sommato anche ultimi giorni di Cile. Ormai non facciamo che vedere ghiacciai. Il ghiacciaio Exploradores lo abbiamo ammirato dall’alto di un mirador dove ci siamo abbandonati ad un picnic riposante dopo una bella camminata ed una salita notevole. Ma poi alla fine noi eravamo più in alto del ghiacciaio ed è una soddisfazione. Siamo stati anche alla “confluencia” un posto magico dove il fiume Baker zompando sopra salti di roccia altissimi si getta nelle acque del fiume Nef (si, proprio come il cantante) e le fa sue in un ribollire di schiume e di spruzzoni immensi e con un rumore che metà basta.
Siamo stati anche in una specie di oasi verde piena di pioppi che si chiama Parque Patagonia e che è stato fondato da Douglas Tompkin, il magnate della North Face che morì un paio di anni fa per ipotermia cadendo dal kayak nelle acque gelide del lago Carrera, quello dove stavamo ieri. Il Parque Patagonia, contrariamente a quello che pensano i miei compagni di viaggio, è un luogo triste e grigio. Le costruzioni, i lodge, il ristorante, il centro informazioni sono costruiti in pietra scura, contornati da pioppi e con un ruscello che sembra il teatro di un possibile giallo con assassinio. Tutto arredato come fosse un castello inglese in legno scuro, perfino le cucine. Il tutto per la modica cifra di 500 dollari al giorno. La parte più bella e divertente di tutto il complesso è il cimitero dove peraltro si trova la tomba del fondatore. C’è anche una bella mandria di guanachi ma i gestori li tengono lontani con l’aiuto di una cane che somiglia tanto alla mia Billie perché i guanachi fanno tanti pallini di cacca come le pecore e qui, sui prati all’inglese del triste Parque, non vogliono cacche. Loro, i guanachi, per dispetto vengono a fare i loro pallini di notte quando il cane dorme. Infine siamo arrivati dopo 200 chilometri di strada sterrata e di sederi sderenati nel ridente pueblo di Caleta Tortel, un paesino di pescatori tutto costruito su palafitte collegate fra loro da passerelle in legno o da scalette sempre in legno che portano alle case “alte” sulla collina. Noi siamo in alto, mannaggia, 200 gradini sul livello del mare, non so se mi spiego. Ma, direte voi, chissà che panorama. No, apro la finestra e sbatto contro una cortina di verde neanche fossimo nella foresta amazzonica. Non si vede niente, non dico il mare ma nemmeno il cielo. 200 inutili e dannati gradini di legno. Ma domani andremo a vedere il paesello e renderemo omaggio al monumento a padre Antonio Ronchi, il prete di Cinisello Balsamo che da queste parti è un eroe.
Quale cantante: Neffa o Nek?
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