Sulla carretera austral
Davanti ai moai La nostra attività principale ormai è il planking. Che cosa è il planking? Ma allora volete farvi del male. Planking
Al tropico del capricorno
Sulla valle dell’arcoiris
All’isla negra
Sul ponte del general Carrera
significa “imitare un tavolato in legno”. Chiaro no? Secondo Wikipedia è una fotografia realizzata stendendosi per terra, con la faccia in giù, cioè proni, in una località strana o improbabile. Entrambe le mani debbono toccare i fianchi. E la foto deve essere pubblicata su Internet. Diciamolo: una stronzata.
Il planking è una attività generalmente individuale ma noi l’abbiamo sublimata cambiando le regole e varando alla fine una versione planking 2.0. Il primo planking lo abbiamo fatto nel deserto dell’Atacama quando abbiamo passato il Tropico del Capricorno. Era un planking ancora rozzo, senza disciplina, casuale, disordinato, anarchico. In realtà qualcosa del genere lo avevamo già fatto in Argentina, l’anno scorso, sulla Routa 40, quella che porta al Perito Moreno e poi ad Ushuaia. La grande Routa 40. Ma non sapevamo che fosse planking. Pensavamo che fosse solo una cazzata. Sotto il cartello del Tropico del Capricorno, invece, avevamo la coscienza di essere del plankers. Era una schifezza diciamolo. Col tempo avremmo raggiunto livelli di maggiore perfezione. Eravamo sei. Floriana era indisciplinata e scorretta. Annalia si metteva dove le pareva. Anna aveva le gambe che andavano per conto loro. Barbara era brava ma bassa com’è gli veniva facile. Difficile invece era per Ezio, troppo alto, ed impaginare il suo corpo era una impresa. Io che favevo il regista arrivavo sempre all’ultimo e di corsa e rimanevo a caso dove cadevo. Ma da allora di strada ne abbiamo fatta. Nel deserto dell’Atacama lo abbiamo fatto anche nella valle dell’Arcoiris, sotto i colori bianco rosso e verde delle rocce. All’Isola di Pasqua lo abbiamo fatto davanti ai 15 moai in fila. Ad Achao sui gradini di una tribuna. A Castro in un museo davanti al veliero dei 19 chiloti patriottici. I ponti ci hanno sempre stimolato. Sulla Carretera Austral, per esempio. Poi sul ponte sul fiume Santa Marta. Poi sul grande ponte alla confluenza tra il lago Carrera e il lago Bertrand, inaugurato da Augusto Pinochet. Ieri lo abbiamo fatto davanti al ghiacciaio Exploradores. Si è trattato di una continua ricerca. Dalla teoria alla pratica i cambiamenti sono stati molteplici. Noi ci siamo avvalsi del nostro diritto di fare, cazzata per cazzata, la cazzata che ci divertiva di più. Abbiamo introdotto le braccia conserte, le mani in alto, le braccia in dietro, le gambe in alto, prima la destra e poi la sinistra, poi contemporaneamente. Abbiamo affrontato la “singola”, uno alla volta. E poi le mani in alto facendo le corna, posizione che probabilmente scandalizzerà le associazioni mondiali di planking organizzato. Ma è così che il mondo va avanti, attraverso piccole ma fondamentali rivoluzioni. Se da oggi in poi i plankers di tutto il mondo affronteranno questi temi vuol dire che noi avremo fatto il nostro dovere. Ma soprattutto avremo fatto sganasciare molta gente. Nel museo e davanti ai moai decine di giapponesi e di coreani si chiedevano quanto pisco avessero bevuto quei turisti italiani che, serissimi, sotto la mia inflessibile regia, si sbracavano per terra senza rispetto per i luoghi sacri della storia cilena (e anche della geografia) e soprattutto impiegavano anche cinque minuti per rimettersi in piedi.
Lo trovo una cagata pazzescamente meravigliosa. Bravi!
scusa Claudio, ma io non vi vedo proni (con la faccia in giù)semmai supini. stiamo a cazzeggia’?
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