Quattro disperati su una macchina che ne dovrebbe contenere uno di meno e che sono giunti al limite della sopportabilità umana dopo venti giorni di Cile e quattro di Carretera Austral. Boschi boschi e boschi di lengua e di coigue che almeno sapessi che cosa sono. Ogni tanto un ghiacciaietto da lontano. Tante lagunas, tanti fiumi e non so quanti fiordi. Bello eh? Per carità, tutto bello. Ma ormai Floriana, giunta quasi alla follia (partiva già molto avvantaggiata) fotografa cartelli stradali e cespugli di rosa canina. Ezio piscia ogni cinque minuti e non si sa che cosa.
Sulla strada ci sono molti di quei gabinetti chimici simili a quelli che usa il papa in visita pastorale dopo aver benedetto un piatto di risotto alla milanese, ma sono quelli degli operai che stanno asfaltando la Salerno Reggio Calabria della Patagonia ed Ezio non si mischia. Non è mica un sindacalista per niente. Anna, poveretta, che dorme con Floriana, è costretta ad andare a dormire con le pile degli alpinisti perché Floriana non sopporta la luce. Floriana mangia solo foglie di insalata panate. Io mi metto ad urlare quando vedo arrivare il congrio lesso. Dentro i locali vediamo la televisione ed ho fatto un esperimento: non ascolto l’audio e scopro che è tale e quale la televisione italiana, stessi programmi, stesse pubblicità, stessi atteggiamenti, stesse facce. E inoltre piove. Durante una sosta abbinata (Floriana fotografa un cartello di divieto di svolta a sinistra ed Ezio fa dieci millilitri di pipi sopra una rosa canina) sento un dolce cinguettio. Un uccellino fa: “Uet-uet”. Chiedo a Marco , la nostra guida, come si chiami. Dice: “Uet-uet”. Dico: “Va bene, ma come si chiama?” “Uet-uet”. Ci vuole un po’ perché io capisca, un attimo prima che gli metta le mani addosso. Ci fermiamo ad un imbarcadero, saliamo su una barca che solca il lago Carrera, un lago lungo più di cento chilometri. Noi facciamo qualche centinaio di metri e scopriamo uno spettacolo favoloso, centinaia di grotte scavate nel marmo dall’acqua del lago, una attaccata all’altra, levigatissime e colorate, nelle quali la barca si addentra con grande coraggio del timoniere e grande cagotto nostro. Le chiamano Las capillas del marmol, le cappelle di marmo, e c’è anche un’isolotto tutto speciale che chiamano la cattedrale del marmo. Una cosa fantastica resa ancora più magica dalla comparsa di due condor veleggianti in cielo. Siamo dalle parti del Puerto Tranquillo a pochi minuti dalla nostra meta, un villaggio chiamato Terraluna, creato da un francese, Filippe, dove si può riprendere il fiato in vista di una decina di incredibili escursioni. Siamo a pochi passi dal Campo de Hielo norte, un casino di ghiacciai, di cascate, di torrenti, di laghetti. C’è anche un elicottero che volendo, alla modica cifra di 1500 dollari, potrebbe portarci in alto a vedere tutto. Ma i miei compagni che sono dei taccagni decidono per un’altra escursione. Lo sento: chilometri quadrati di lenguas e di coigues e centinaia di uccelletti che faranno uet-uet pagati dalla pro loco.
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