Mi aggiro da solo nei corridoi della sede Rai di via Asiago. Sembra il deserto di Atacama. Alla Rai cominciano a farsi gli auguri di Buon Natale il primo dicembre. Dopo qualche giorno si iniziano a prendere le ferie. Girano tutti con grandi pacchi argentei. E camminano per i corridoi con sguardo perso e occhi sognanti. Cambiano anche gli argomenti di conversazione. Non più lo scalone, lo scivolo, i contributi, gli esodati e quante ferie hanno maturato e quanti mesi ti mancano alla pensione. Improvvisamente compaiono Courmayeur, Maldive e anche : “Io resto a casa, non hai idea di quanto si sta bene a Roma nei giorni di festa. Io, i bambini e i turisti giapponesi”. I programmi del palinsesto della Radio vanno avanti, ma qualsiasi richiesta viene respinta o nel migliore dei casi ignorata. I curatori sono a Varadero, i direttori alle Svalbard, tu vai all’ufficio apposito (in Rai esistono gli uffici appositi ma generalmente sono vuoti) per chiedere un microfono perché quello dell’Eiar ormai ha collassato. Risposta: “L’aereo da Las Vegas atterra alla Malpensa fra tre giorni. Ce la fai a resistere?)“.
In Rai ci sono, antropologicamente parlando, due razze. I dipendenti e quelli che lavorano, i precari. Nei quindici giorni prima e nei quindici giorni dopo una festività, i dipendenti evaporano. Si ammalano, consumano milioni di giorni di ferie arretrate (ma arretrate da quando?), oppure semplicemente scompaiono. Se io fossi un golpista mi accorderei con i precari che in quei giorni rimangono padroni degli uffici e degli studi. In quesi giorni nessuno controlla nessuno. Se tu prendi un microfono e per un quarto d’ora proclami la ricostituzione della Repubblica di Salò non ti interrompe nessuno. Solo verso la mezzora dopo faccetta nera, eja eja alala e “chi alla vittoria ci conduce? Il Duce!” arriva una delle guardie dell’ingresso e ti dice: “No, queste cose non le puoi dire. Io sono stato l’anno scorso a Salò, una vacanza bellissima, però è meglio Desenzano” Il precario non sa il potere che ha. Il giorno che se ne renderà conto vorrei non esserci.
Caro CSF, avevo il sospetto che gran parte della Rai potrebbe essere dismessa, come Italsider. Ora ne ho la certezza dopo la lettura del tuo reportage dal deserto di Via Asiago!
Quanto mi piacerebbe essere un precario ! Purtroppo però sono una disoccupata … Ma chissà che anche a noi non capiti l’ occasione di rimanere soli e prendere il potere.
Caro Claudio, invece io il giorno in cui i precari si renderanno conto del potere che possono avere vorrei esserci. L’età ormai mi esime dal partecipare attivamente al loro risveglio da questo lungo sonno, ma potrei sempre dargli una mano preparandogli le vivande. È uno scandalo che l’informazione del servizio pubblico vada in vacanza da prima di Natale a dopo la Befana e poi da maggio a settembre. Va bene se dico: “Viva La7”?
Sembra la descrizione della SCUOLA ITALIANA che mi descriveva mio padre maestro, alcuni anni fa. Del tipo: Lo so che quella maestra non sa fare e non fa niente, ma è di ruolo. Fino che non mi ammazza un bambino non la posso toccare. Disse il Sig. Direttore Che era più incompetente e incapace della maestra!
di tutto, di più!
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