I GIORNALISTI E I LUOGHI COMUNI
L’uso di frasi scontate e banali è molto frequente sui giornali italiani. Una delle più usate è: “La città è sotto shock”. Un fatto di cronaca nera un po’ più cruento del solito è sufficiente per far partire lo shock. Un pazzo spara contro un tram? “La città è sotto shock”. Generalmente sono i mitra che sparano all’impazzato a mettere sotto shock il giornalista e gli fanno scrivere che “la città è sotto shock”. Naturalmente non è vero. Se fosse vero che la città è sotto shock, chiuderebbero i cinema, i ristoranti, le balere. Non si va a mangiare la pizza quando si è sotto shock. Dietro un dolore di facciata e un viso contrito che non si nega a nessuno, la gente in linea di massima se ne frega. E giustamente: non si può essere addolorati e sotto shock per tutti gli omicidi che avvengono ogni giorno. Possiamo essere sotto shock per la morte di un parente, di un amico, di un vicino di casa. Possiamo essere sotto shock se la tragedia avviene sotto i nostri occhi. Ma la vita è così ed i giornalisti hanno bisogno di immagini forti e ne hanno bisogno in fretta, prima che la pagina chiuda. Ma esistono anche le eccezioni. I giornalisti bravi. Quelli che pensano prima di scrivere. Quando l’altro ieri quel pazzo ha ucciso a palazzo di giustizia il giudice, l’avvocato e il socio ho pensato: “ecco che parte lo shock, Milano sotto shock, la Lombardia sotto shock, e, perché no?, l’Italia sotto shock”. Ma sono andato a leggere Piero Colaprico. Lui, giornalista di buon senso e accurato, ha scritto la cosa giusta: “Centinaia di persone sono sotto shock”. Finalmente. Grazie Colaprico.
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