Uno, Vittorio Feltri, se ne va in pensione che è ancora un giovanottone di belle speranze, un elegante signore di successo, ricco, intelligente, sempre pronto, per fortuna, a slanci di indignazione moralistica come per esempio quando attacca lo stato sociale e tutti quelli che se ne vanno in pensione con troppi soldi o troppo presto. Lui se ne va in pensione a 53 anni con molti soldi e molto presto e speriamo che quanto prima possiamo leggere un suo editoriale contro se stesso che approfitta di leggi sbagliate per portare a casa tanti bei soldoni. Si difende, è suo diritto, spiegando che per 38 anni ha pagato contributi e adesso vuole monetizzare. E chi glielo vieta? Visto che – fatti i conti – ha cominciato a lavorare a 15 anni, aveva solo due alternative: o denunciare il suo datore di lavoro per sfruttamento del lavoro minorile oppure concedersi il meritato riposto. L’altro che lascia la nostra professione è Alberto Castagna. E’ stato radiato dall’Ordine dei giornalisti del Lazio, una specie di Santa Inquisizione sempre pronta a dare bacchettate sulle mani del primo che sgarra. Caro Alberto, so che la cosa ti sorprenderà, ma vorrei spezzare una lancia a tuo favore. Io da tempo critico con durezza la tv-spazzatura con la quale da anni inondi le nostre giornate catodiche e tu pubblicamente (a “Tappeto Volante” il salotto bene di Luciano Rispoli su Tmc) mi hai insultato sostenendo che le mie critiche erano dettate nientedimeno che dall’invidia e che io vesto malissimo e porto degli orrendi calzini rossi. Che nessuno pensi, quindi, che questa difesa sia combinata. Punire, ammonire, radiare, cacciare. Se c’è una persona da radiare dall’Ordine dei giornalisti è il presidente dell’Ordine dei giornalisti (aspetto con ansia l’ammonizione, o la tirata d’orecchie, o la sgridatina, o – Dio non voglia – la radiazione, spero solo che Castagna, quando sarà il momento, mi difenda). Castagna è stato radiato dall’Ordine perch‚ ha mostrato in Tv dei bambini figli di un pentito di mafia, mettendo a repentaglio la loro vita, quella del padre, quella del nonno e contravvenendo alla famigerata carta di Treviso alla quale hanno già contravvenuto una mezza dozzina di giornalisti, da Minoli a Costanzo, senza essere radiati. Castagna si è difeso dicendo che era una bufala, che quelli non erano figli di un pentito, che aveva dato notizie false, come d’altronde avviene – sembra – in moltissime delle sue trasmissioni, ricettacolo di falsi amori, falsi ritrovamenti, falsi saluti. “Mi ero convinto che il padre dei bambini fosse un pazzo”, ha dichiarato a Claudio Lazzaro, del “Corriere della Sera”. “Ho pensato: se questo vuole fare a tutti i costi la figura del mafioso, noi per punirlo gliela facciamo fare”. “Stranamore”? No, “Falsamore”. Sembra proprio che non ci sia niente di vero in quello che fa Castagna e Castagna, pur di non essere cacciato dall’Ordine dei giornalisti, lo dichiara pubblicamente. Ma avviene una cosa strana: più il sedicente giornalista confessa di essere stato vittima di una bufala e di averla girata, così com’era, ai suoi telespettatori, più l’Ordine si ostina a volerlo cacciare, senza nessun motivo valido visto che quando un giornalista dice le bugie, al massimo, ci sono i tribunali, quelli veri, non quelli di Torquemada, pronti alla bisogna. E contemporaneamente il suo editore, Mediaset, l’unico che dovrebbe cacciarlo, si ostina a tenerlo. Morale, anzi doppia morale. Prima, se l’Ordine ha deciso di cacciare tutti i giornalisti bugiardi, cialtroni, pressapochisti, superficiali, cominci presto, il lavoro è tanto. Ma si attrezzi giuridicamente prima che Pannella convinca gli italiani che l’unica cosa che deve fare l’Ordine è scomparire. Seconda: se Mediaset continua a tenersi stretto un bufalaro confesso come Castagna significa probabilmente che la bufala è la norma, non l’eccezione e che Castagna è solo uno dei tanti, magari il più bravo, magari quello che ha segnato la strada, il maestro di tutti. Caro Castagna, ecco fatto, io ti ho difeso. Tu in cambio non dire più in giro che io sono invidioso di te e non criticare i miei calzini rossi. Come posso invidiare uno come te, cacciato dall’Ordine dei giornalisti del Lazio?
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