Oggi abbiamo preso un traghetto per andare dall’isola di Langeland all’isola di Lolland. Direte: echissenefrega. Il problema è che mentre con moglie e con Billie passeggiavamo sul ponte mi veniva da pensare a quante volte ho preso un traghetto per andare a Salina. Anzi, una nave traghetto. Poi, improvvisa, l’illuminazione. Questi traghetti non c’entrano nulla con quelli delle Eolie. Sono bellissimi, puliti, ordinati, ben pitturati. Hanno un baretto efficientissimo e fornitissimo dove si può perfino pranzare (d’accordo, il solito wurstel con le solite salse). Cioè: niente a che vedere con Salina. E allora mi chiedo: perché loro sì e noi no? Perché loro sono diversi. Non buttano le cicche per terra. E nemmeno in mare. Lasciano i bagni più puliti di quando ci sono entrati. E quando qualche cosa non funziona, protestano, scioperano, fanno in maniera che quelli che guidano il Paese rimedino. C’è una parola che non si può tradurre in italiano, “hygge”. Intraducibile un po’ come è intraducibile “saudade”. Hygge vuol dire qualcosa che ha a che fare con la felicità, il cameratismo, l’intimità, lo stare bene dimenticando i problemi. Luogo comune: i danesi sono felici. Se è vero non sarà che ciò deriva dal fatto che riescono a costruirsi una vita migliore? Non sarà perché in Danimarca le cose funzionano? Che le tasse si pagano e non si evadono in cambio di servizi efficienti? Non sarà perché qui non c’è bisogno di un movimento come quello di Grillo per ricordare ai politici che sono alle nostre dipendenze? Oggi sono sommerso da pensieri profondi. Sarà anche perché nella piazza di Maribo ho visto una statua di bronzo di tale Kay Munk, eroe locale, un pastore danese prima filonazista e poi antinazista che fu ucciso dalla Gestapo. Somiglia tale e quale ad Antonio Padellaro.
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