Le pecore del boss producono gasoliodi Michele Serra (sull’Espresso)
Le ramificazioni della camorra sono sempre più estese. Gli inquirenti non fanno in tempo a individuare una famiglia mafiosa, che già i vicini di casa la superano
Carabinieri a Napoli
Si parla solo dei casalesi, ma le ramificazioni della criminalità campana sono sempre più estese. Gli inquirenti non fanno in tempo a individuare una famiglia mafiosa, che già i vicini di casa la superano per ferocia. Sullo stesso pianerottolo spesso coabitano clan rivali che si sparano a vicenda in ascensore: a Castelvolturno non si trova più un’impresa di pulizie disposta a lavorare nei condomini della camorra. Ma vediamo l’elenco aggiornato dei clan.
I Casalesi Gli inquirenti hanno faticato a individuarne i covi perché per anni si è pensato che fossero di Casale Monferrato: decine di rastrellamenti senza alcun risultato. Approfittando dell’equivoco, i casalesi hanno potuto costruire indisturbati un impero che va dall’edilizia al traffico di cocaina, attività delle quali non sanno nulla, ma erano comode perché sotto casa. Proverbiale l’incompetenza del capoclan Gegé Gnagnarulo, che spacciava sacchi di calce nei giardinetti e intonacava i muri con la cocaina. Fece ugualmente fortuna perché se qualcuno osava ridere gli sparava in testa, trascinando la vittima per i piedi lungo le strade del quartiere e mostrando il cadavere come un trofeo in tutti i bar della città. Gli abitanti hanno sempre sostenuto di non avere mai notato niente di anomalo, specie nel popoloso rione Cazzimiei.
I Papaleone A Torre Annunziata tutto è controllato dai Papaleone, famiglia di camorristi così potente che pur essendo estinta dalla fine dell’Ottocento, nessuno osa pronunciarne il nome, e tutti versano il pizzo in banca nel terrore che si faccia vivo qualche erede. L’ultimo dei Papaleone gestiva bordelli e trafficava in cannoni da nave, il tutto dietro la facciata di comodo di una minuscola sartoria. I clienti della sartoria provavano i vestiti (orribili: Papaleone non sapeva neanche reggere ago e filo) in mezzo ai fusti di cannone e ai gemiti delle prostitute, ma nessuno ha mai notato niente di anomalo.
Gli Schifaruolo Essendo saturo il mercato della droga, gli Schifaruolo hanno inventato il traffico dei drogati. Forniscono drogati agli spacciatori deportandoli da mezza Europa su camion per il trasporto delle mucche, costringendoli a muggire per eludere i controlli. Per pagarsi la roba, i drogati vengono costretti a raccogliere i pomodori, una filiera molto efficace perché un solo cocainomane, dopo la dose, è in grado di raccogliere due tonnellate di sammarzano in mezz’ora, cantando ‘Reginella’. Il record è di un rapper zurighese che, dopo avere raccolto 20 ettari di pomodori, li ha arati con la scarpa destra dietro la promessa di un pacchetto di sigarette.
I Vizzo Puorgno Chi non conosce, a Santa Maria Ursitella, Ninì Vizzo Puorgno, il re delle discariche abusive? Con i suoi 14 figli, tutti pregiudicati di lungo corso (in media hanno ricevuto il primo avviso di garanzia durante la Prima Comunione), è riuscito a riempire l’intera vallata di rifiuti tossici, sopra i quali fa pascolare le sue pecore celebri perché, mungendole, producono gasolio. Religiosissimo, ogni estate conduce la locale processione fino al santuario collocato in mezzo alla discarica, dove i fedeli hanno la garanzia di avere le visioni.
I Gipitesi Gipito, fino a pochi anni fa, era un paesino di 20 abitanti. L’unica attività produttiva era un barbiere. Il locale clan, per generazioni, taglieggiava il barbiere, pochi spiccioli per giunta versati alcuni minuti prima dagli stessi taglieggiatori per farsi i capelli. Un’economia chiusa che non garantiva futuro, finché i Gipitesi, suggestionati dal successo dei Casalesi, hanno fatto una strage per conquistare credibilità. Pur dimezzata, la popolazione di Gipito è finita su tutte le prime pagine, e i Gipitesi oggi contendono ai Casalesi il controllo degli appalti a Manhattan.
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