da Massimiliano De Simone
Secondo il Ministro del lavoro la crisi che sta devastando le finanze italiane si risolve abrogando l’articolo 18. Sic. Ma è così difficile rendersi conto che il giorno dopo l’approvazione di una misura del genere ci sarebbe una ondata di licenziamenti, aumenterebbe la disoccupazione e con essa la forbice fra ricchi e poveri, e che, in tal modo, le tensioni sociali diventerebbero insostenibili e si alimenterebbe quel terrorismo armato che proprio Sacconi paventa? Evidentemente sì, è difficile rendersene conto.
In realtà, la differenza tra avere o meno l’articolo 18 l’ha colta perfettamente la CGIA di Mestre: 738000 persone, invece di essere cassintegrate (e quindi che si prevede rientrino alla fine del periodo di CIG) sarebbero licenziate. Resta poi anche da capire come un’azienda in crisi trovi i soldi per pagare, mettiamo, cento liquidazioni. Forse non le pagheranno. Forse Sacconi, dopo l’articolo 18, abolirà anche quelle. A mio parere sarebbe molto più semplice e redditizio abolire il Ministro Sacconi.
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