da Gianni Guasto
Come gabbieri appollaiati sui pennoni di maestra e parrocchetto, molti osservatori politici spiano l’orizzonte in cerca non di soffi di balena o di profili di terra, ma del dopo che ci aspetta in un tempo difficile da predire. Non è soltanto malevolenza politica quella che aguzza il loro sguardo; li aiuta l’età dei capodogli che occupano da tempo immemorabile la scena del mare. Bossi e Berlusconi, a differenza degli Andreotti e dei D’Alema hanno bruciato la loro fragorosa esuberanza e consumato le loro forze nel tentativo di essere padroni assoluti di un oceano troppo grande per loro. Per questo, al di là del mesto declino che si presagisce, si possono indovinare i destini di coloro che ne raccoglieranno l’eredità. Sul branco forzaitaliota è difficile fare previsioni: probabilmente quella è una popolazione destinata ad estinguersi. Resteranno vivi i Tremonti (uomo di ieri e di domani), i Formigoni, i Sacconi, i Lupi e forse gli Scajola, ma in virtù di geni ereditati da altri ceppi familiari. In casa leghista, invece, è Tosi il più scientifico pianificatore del day-after. La cura sistematica della sua immagine lascia intravedere una sua sostanziale sfiducia nella sopravvivenza non già del solo Bossi ma della Lega intera. Data per scontata la transizione del Trota a futuro partner di Pupo in qualche competizione canora, quale destino per gli altri leader del Carroccio? Qui si prevede una morìa darwiniana dei meno intellettualmente dotati: non ci sarà scampo per Cota, Castelli (perché Dio esiste) e per il nugolo di quelli di cui è impossibile ricordare il nome, mentre la sopravvivenza di Calderoli rappresenta un interrogativo degno dei più accreditati chiaroveggenti. Scontata la salvezza di Maroni, ci si dovrà rassegnare a mantenere vivo (o impagliato) Borghezio. Di un personaggio da Grand-Guignol di tale stazza non potremo di certo fare a meno.
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